I paesi in cui è pericoloso celebrare il Natale: ecco dove i cristiani sono perseguitati nel mondo
Ci sono luoghi nel mondo dove il Natale non arriva mai. O forse arriva ogni giorno e si fa sentire ancora di più nel suo vero significato. Sono i paesi in cui essere cristiani comporta il rischio di persecuzioni, che possono portare al carcere e alla morte. Sono circa 300 milioni i cristiani perseguitati in oltre 20 paesi del mondo, secondo l’ultimo rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS), fondazione di diritto pontificio che sostiene la libertà religiosa nel mondo. Un numero calcolato invece in oltre 245 milioni nel rapporto 2019 dell’ong Porte Aperte.
In questi paesi – che si trovano sopratutto in Africa e in Asia – celebrare il Natale, esporre simboli religiosi, partecipare a una messa, prendere parte alle attività pastorali di una comunità cristiana, o anche solo professare la propria fede può rappresentare un pericolo per la propria libertà e per la propria vita. Per questo TPI dedica uno speciale di Natale proprio ai cristiani che subiscono persecuzioni nel mondo.
Qui la mappa realizzata da ACS con i paesi in cui la persecuzione dei cristiani è più grave:
Dove e perché sono perseguitati i cristiani oggi nel mondo
Il rapporto di Acs classifica 38 i paesi nel mondo teatro di “gravi o estreme violazioni” contro i cristiani. Tra questi, 21 sono classificati come “paesi di persecuzione”. In ordine alfabetico sono: Afghanistan, Arabia Saudita, Bangladesh, Birmania, Cina, Corea del Nord, Eritrea, India, Indonesia, Iraq, Libia, Niger, Nigeria, Pakistan, Palestina, Siria, Somalia, Sudan, Turkmenistan, Uzbekistan e Yemen.
Gli altri 17 paesi sono definiti “di discriminazione”. Si tratta di Algeria, Azerbaigian, Bhutan, Brunei, Egitto, Federazione Russa, Iran, Kazakistan, Kirghizistan, Laos, Maldive, Mauritania, Qatar, Tagikistan, Turchia, Ucraina e Vietnam.
Tra le cause delle persecuzioni, Acs individua l’aumento del “nazionalismo aggressivo ai danni delle minoranze, degenerato a tal punto da poter essere definito ultra-nazionalismo“, un fenomeno – sottolinea – che “si è sviluppato in modo diverso a seconda dei Paesi”. Ad esempio, in India si evidenziano sempre più atti di violenza ai danni delle minoranze religiose, coinciso con l’ascesa del Bharatiya Janata Party (BJP) di Narendra Modi.
In Cina i nuovi “regolamenti sugli affari religiosi”, impongono ulteriori restrizioni a tutti i gruppi religiosi, mentre in Corea del Nord “si ritiene che migliaia di cristiani siano detenuti in campi di prigionia, dove ricevono un trattamento più duro degli altri detenuti a causa della loro fede”.
Per quanto riguarda l’estremismo religioso, secondo il rapporto “il successo delle campagne militari contro Isis e i gruppi ad esso legati ha in qualche modo “celato” la diffusione di altri movimenti militanti islamici in regioni dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia”.
In Nigeria, ad esempio, se Boko Haram ha perso terreno, sono aumentate negli ultimi anni le violenze da parte dei pastori militanti islamici di etnia fulani. Anche in Egitto la situazione è ritenuta molto grave, a causa degli attentati contro la comunità cristiana copta e il rapimento e la conversione forzata all’Islam di adolescenti, ragazze e donne cristiane. Un fenomeno – quello della conversione forzata – che interessa anche ragazze cristiane in Pakistan.
Anche l’ong Porte Aperte pubblica ogni anno una classifica dei paesi dove i cristiani sono più perseguitati nel mondo. Nella lista del 2019, sono undici le nazioni in cui il pericolo di persecuzioni è definito “estremo”. In testa alla classifica c’è la Corea del Nord, seguita da Afghanistan, Somalia, Libia, Pakistan, Sudan ed Eritrea. Seguono Yemen, Iran, India e Siria.
La situazione complessiva, secondo il rapporto, è peggiorata. Infatti, sui 150 paesi monitorati dalla ricerca, 73 hanno mostrato un livello di persecuzione definibile alta, molto alta o estrema, mentre l’anno scorso erano 58. Porte Aperte ha calcolato che il numero di cristiani uccisi per ragioni legate alla fede nel 2018 è stato di 4.305 (l’anno precedente erano 3.066), mentre 3.150 cristiani sono stati arrestati, condannati e detenuti senza processo, un numero quasi raddoppiato rispetto al 2017. Le chiese e gli edifici cristiani attaccati nello stesso periodo sono invece 1.847.
“L’oppressione islamica continua ad essere la fonte principale di persecuzione dei cristiani, ma l’ascesa del nazionalismo religioso, con le 2 connotazioni induista in India e buddista in stati come il Myanmar, si presenta come prorompente fonte di discriminazione anti-cristiana (e di altre minoranze)”, si legge nel rapporto. “La recrudescenza dell’opposizione comunista/post-comunista in nazioni come Cina e Vietnam conclude il quadro delle maggiori fonti di persecuzione”, si aggiunge, anche se l’intolleranza arriva anche in nazioni cristiane – come il Messico (al 39° posto della classifica) e Colombia (47° posto) – “quando i leader delle chiese sfidano la corruzione e i cartelli della droga”, e in zone rurali “per ragioni connesse all’antagonismo tribale”.