Crisi Usa-Iran, House of Cards aveva già previsto tutto
Un presidente degli Stati Uniti in piena crisi reputazionale, con sondaggi a picco, una difficile gestione degli stessi alleati, e improvvisamente una scelta: lanciare un attacco militare contro una forza antagonista, situata nel Medio Oriente. Parliamo delle vicende di Donald Trump? No, ci riferiamo alla trama di House of Cards, e in particolare della quarta stagione della fortunata serie interpretata da Kevin Spacey.
Una narrazione di fantasia, una sceneggiatura, costruita per inserire gli spettatori in una dimensione di tensione e di guerra, elaborata dal cinico e spietato presidente Frank Underwood. Il protagonista della serie si trova infatti a dover gestire due vicende di forte impatto sulla sua reputazione personale e politica: il rischio di impeachment, a seguito di un’inchiesta giornalistica che espone i crimini commessi dallo stesso Underwood, e l’uccisione di un ostaggio americano da parte dei terroristi dell’Ico, un fantomatico gruppo islamista attivo in Medio Oriente. Questi due diversi fatti pongono Underwood in una condizione di debolezza a poca distanza dalle imminenti elezioni. La scelta di sferrare un attacco all’Ico rientra in un piano di distrazione dell’opinione pubblica, e di creazione di un clima di timore e di terrore diffuso.
Con le dovute differenze, le due vicende, una costruita come sceneggiatura cinematografica, l’altra come pagina di cronaca di questi giorni, presentano numerose similitudini. Donald Trump sta vivendo un momento di debolezza politica importante. Sebbene i dati economici del Paese siano in crescita, e questo dovrebbe portare vantaggio in sede di elezioni, la reputazione del presidente è oggi messa alla prova dal procedimento di messa in accusa impeachment iniziato lo scorso settembre.
Questa condizione potrebbe essere stata la base della scelta dell’omicidio del generale Soleimani. Un’azione avviata in modo unilaterale, e che sta incontrando critiche non solo tra esperti in geopolitica e sicurezza internazionale, ma anche tra molti diplomatici bipartisan. L’uccisione di Soleimani non è però un filone narrativo di un prodotto di intrattenimento, ma una vicenda reale sulla quale si gioca il futuro di interi paesi e di migliaia di persone e il successo o il fallimento di questa strategia concorreranno a determinare l’elezione di Trump il prossimo 3 novembre.