«Biden ha distrutto il confine. Il presidente Trump distruggerà i cartelli della droga», è uno degli slogan che si leggono sul sito della campagna elettorale di Donald Trump, vincitore delle ultime elezioni presidenziali statunitensi.
Trump fa riferimento alla crisi che ormai da anni devasta gli Stati Uniti: quella degli oppioidi, e in particolare del fentanyl. Questo oppioide sintetico, pur non derivando dall’oppio come l’eroina e la morfina, agisce in modo simile sulla percezione del dolore.
In medicina viene utilizzato come analgesico e anestetico, ma a partire dal 2016 la diffusione, l’abuso e conseguentemente le morti per overdose da questa sostanza sono aumentati a un ritmo senza precedenti, anno dopo anno. Delle 108.000 morti per overdose registrate nel 2022 negli Stati Uniti, circa 74.000 sono state causate dal fentanyl. Per fare un paragone, nello stesso anno i decessi per incidenti stradali sono stati circa 44.000.
Fattore immigrazione
È dal confine con il Messico che la maggior parte di fentanyl entra negli Stati Uniti, e Trump e i suoi sostenitori accusano il presidente uscente Joe Biden di aver adottato una politica di «frontiere aperte» che avrebbe permesso l’ingresso di ingenti quantità di oppioidi sintetici, oltre a un numero crescente di immigrati irregolari. Ai moltissimi statunitensi colpiti direttamente o indirettamente dalla crisi, le politiche più restrittive sul confine proposte da Trump possono quindi sembrare una soluzione.
Le cose però non sono così semplici. Prima di tutto perché la maggior parte del fentanyl che entra nel Paese lo fa attraversando dogane regolari, e poi perché nella maggioranza dei casi i trafficanti sono cittadini statunitensi. Nel 2022 hanno rappresentato l’89% di tutte le condanne per contrabbando di fentanyl. E nel 2023 il 93% dei sequestri di fentanyl è avvenuto ai punti di attraversamento legale o ai posti di controllo interni per i veicoli, e non lungo le rotte di migrazione illegale.
Si potrebbe pensare che questi dati siano il risultato del fatto che chi attraversa il confine altrove non viene intercettato dalle autorità. Secondo gli analisti, però, i dati riflettono invece una scelta ponderata da parte dei trafficanti: i cittadini americani che attraversano il confine legalmente sono meno soggetti a controlli rispetto agli stranieri che cercano di entrare nel Paese illegalmente, ed è quindi più probabile che il fentanyl arrivi effettivamente a destinazione utilizzando questa modalità.
Imporre misure più rigide alle frontiere, inoltre, potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. Nel 2020 e 2021 venne ridotta di molto la possibilità di attraversare il confine come misura di contenimento pandemico. Secondo alcuni esperti fu per questa ragione che i cartelli della droga messicani si interessarono maggiormente al contrabbando di fentanyl.
Dal momento che è circa 50 volte più potente dell’eroina e 100 volte della morfina, è possibile trasportarne quantità inferiori ed è quindi più facile da nascondere rispetto ad altre sostanze. L’alta concentrazione del fentanyl spiega anche perché la sua diffusione abbia portato a un acuirsi della crisi: le morti da oppioidi sono passate da quasi 50.000 nel 2019 a quasi 82.000 nel 2022 (il 76% delle overdose fatali causate da qualsiasi sostanza).
È difficile stabilire se questo ulteriore aumento sia stato causato dalla stretta al confine o meno. Lo stress e l’isolamento causato dalla pandemia probabilmente di per sé hanno fatto aumentare la domanda di stupefacenti, tra cui gli oppioidi, e forse era solo questione di tempo prima che i cartelli si organizzassero per sfruttare la maggior potenza del fentanyl. In ogni caso, una politica più rigida alla frontiera non sembra garanzia di successo.
Trend positivo
C’è un’altra questione che Trump e i suoi sostenitori hanno evitato di includere nei loro discorsi, e cioè il fatto che le morti per overdose nel Paese stanno finalmente diminuendo.
Nel 2023 sono state il 3% in meno rispetto all’anno precedente, con una diminuzione di circa 2.000 vittime del fentanyl. I dati preliminari per il 2024 sono più marcatamente positivi: nel periodo che va da maggio 2023 a maggio 2024 le morti per overdose sono diminuite del 12,7% rispetto all’anno precedente.
Se la tendenza venisse confermata, questo potrebbe essere il primo anno dal 2020 con meno di 100.000 morti per overdose. La situazione però varia molto da Stato a Stato, e nella zona occidentale del Paese (come in Oregon, Nevada e Alaska) le morti continuano ad aumentare. Ma il quadro complessivo sembra muoversi nella direzione giusta, anche se è ancora troppo presto per stabilire se la ragione di questo miglioramento siano le politiche dell’amministrazione uscente.
Biden ha abbandonato la politica dura e repressiva della cosiddetta «War on Drugs». Ha reso facilmente disponibile il naloxone, un farmaco che agisce come un antidoto durante una overdose da oppioidi, permettendo alla persona di tornare a respirare. L’effetto è temporaneo, ma in una situazione di emergenza può salvare la vita.
L’amministrazione Biden ha anche promosso una massiccia campagna di informazione pubblica e reso più facile la prescrizione di buprenorfina per il trattamento di disintossicazione. Si tratta di un oppioide che, come il metadone, aiuta i pazienti a superare le crisi di astinenza e quindi evitare le ricadute, senza produrre gli effetti euforici o di sonnolenza tipici di eroina o fentanyl. Oltre a riconfermare queste misure, il programma di Kamala Harris, vicepresidente e candidata democratica alle presidenziali, prevedeva l’aumento degli agenti di frontiera e nuove tecnologie per il rilevamento delle droghe nascoste nei veicoli.
Il programma del tycoon
Trump sembra orientato verso misure severe. Oltre a un’enfasi sul maggior controllo al confine, ha proposto l’introduzione della pena di morte per trafficanti e spacciatiori. Propone programmi di supporto e trattamento medico per chi ne ha bisogno, ma anche lo sviluppo di «tendopoli» in «grandi appezzamenti di terreno a basso costo» dove portare medici, psichiatri e assistenti sociali e dove trasferire dalle città i senzatetto, termine che Trump sembra usare indistintamente per riferirsi alle persone senza fissa dimora così come chi soffre di tossicodipendenza.
C’è un’ultima questione importante: la Cina. I precursori del fentanyl, ovvero le sostanze chimiche necessarie per la sua produzione in laboratorio, arrivano in Messico proprio da lì. In un comizio Trump ha minacciato pesanti tariffe sui beni importati dalla Cina, fino a che Pechino non interrompa l’esportazione di precursori.
La proposta di Trump è risultata più convincente per gli elettori statunitensi. Resta da vedere quante delle misure presentate durante la campagna presidenziale verranno implementate, e quale sarà il loro impatto sulla crisi.
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