Negli Stati Uniti il candidato che raccoglie più soldi per la campagna elettorale delle presidenziali quasi sempre si aggiudica la vittoria. Ma quanto costa diventare presidente degli Stati Uniti d’America? A provare a rispondere a questa domanda è un articolo pubblicato su Quartz che riporta le spese sostenute dai vari candidati alla Casa Bianca delle ultime elezioni, dividendo queste cifre per il numero di voti ottenuti.
Dai risultati emerge che Donald Trump nel 2016 ha speso 5,8 dollari per ogni elettore, mentre Barack Obama nel 2012 ha investito il doppio, 12,8 dollari (era arrivato a 13 dollari nel 2008). Quanto a George W. Bush, nel 2004 ogni voto era costato 8 dollari, contro i 5,5 dollari delle elezioni precedenti. Infine, Bill Clinton ha speso appena 4,3 dollari nel 1996 e 4,4 nel 1992.
A un mese dal voto, i due rivali per le presidenziali del 2020 Joe Biden e Donald Trump hanno già speso 350 milioni di dollari a testa per le loro campagna elettorale. A pesare, tuttavia, non è solo quanto investe il singolo candidato, ma anche quanti finanziamenti è in grado di raccogliere, come sottolinea Monica Ricci Sargentini in un articolo sul Corriere della Sera.
Le elezioni presidenziali Usa – tra le più costose al mondo – avranno quest’anno, secondo i calcoli di Quartz, un costo totale di 10,8 miliardi. Per evitare che il denaro diventi il fattore determinante per la vittoria, alcuni Paesi – come Canada e Francia – hanno deciso di imporre un limite ai fondi che si possono spendere per la campagna elettorale.
Non sempre, tuttavia, la relazione tra denaro e successo è così diretta. Richard Lau, professore di scienze politiche alla Rutgers University, sostiene che possa accadere il contrario: ad attirare più denaro è il candidato che ha più chance di essere eletto.
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