Ieri sera, allo stadio Partizan di Belgrado era in corso la partita di calcio tra Serbia e Albania, valevole per il gruppo I delle qualificazioni agli Europei di calcio del 2016.
Al 41esimo minuto di gioco, sul risultato di 0 a 0, sopra il campo di gioco è passato in volo un drone con appesa una bandiera su cui campeggiava l’aquila albanese su un’abbozzata mappa della Grande Albania, che comprende anche il territorio del Kosovo, conteso alla Serbia.
Questo fatto ha mandato su tutte le furie il pubblico di Belgrado e i calciatori della Serbia: i tifosi hanno iniziato a intonare cori contro l’Albania e a lanciare fumogeni, e quando il calciatore serbo Stefan Mitrovic è riuscito a prendere la bandiera dal drone, subito ne è nata una colluttazione con i calciatori albanesi, sfociata in una rissa che ha coinvolto praticamente tutti i giocatori in campo. Il culmine è arrivato con l’ingresso di alcuni tifosi sul terreno di gioco, uno dei quali ha colpito con una sedia il calciatore albanese Balaj.
Sbollitisi gli animi, i giocatori sono usciti dal campo e, dopo 50 minuti, l’arbitro inglese Martin Atkinson non ha potuto fare altro che sospendere la partita. “Non c’erano le condizioni per farla riprendere”, ha detto il delegato Uefa Harry Been. Ora sarà proprio l’Uefa a prendere una decisione riguardo un’eventuale prosecuzione o annullamento della partita e sulle possibili squalifiche.
La federazione calcistica serba, riguardo gli episodi, ha chiesto che venga data la vittoria per 3-0 a tavolino alla propria nazionale. Gli incidenti hanno subito la ferma condanna del presidente della Fifa Blatter e di quello dell’Uefa Platini, che ha anche scritto su Twitter: “Lo sport ha il compito di riunire la gente e il nostro gioco non deve essere mischiato con nessuna forma di politica”, aggiungendo poi che “le scene viste a Belgrado sono ingiusticabili”.
Lo scontro avvenuto in campo rischia di compromettere la visita del premier albanese Edi Rama a Belgrado, prevista per il 22 ottobre, che sarebbe la prima volta di un leader albanese in Serbia da 68 anni.
Concreto è anche il rischio che quanto avvenuto ieri ravvivi le tensioni etniche nell’area. Secondo l’analista politico Dusan Janjic, “l’intensità dell’odio che provano giovani albanesi e giovani serbi è allucinante”, e quanto accaduto durante la partita è “un grave scandalo politico e internazionale”.
Non si sa chi ci sia dietro il volo del drone di ieri sera. La tv di stato serba aveva riferito che era stato fermato per questa ragione Olsi Rama, fratello del premier albanese, ma il fatto è stato smentito.
Con la locuzione Grande Albania, la cui mappa era abbozzata sulla bandiera trasportata dal drone durante la partita di ieri sera, si intende, in chiave irredentista, l’unione di tutte le aree popolate dagli albanesi: oltre all’attuale territorio nazionale, vi sono infatti parte dell’Epiro, l’isola di Corfù, porzioni del Montenegro e della Macedonia ma, soprattutto, il Kosovo.
Questa terra è oggi amministrata dall’Onu, e da anni è al centro di numerose dispute internazionali. Formalmente fa parte della Serbia, ma la maggioranza della popolazione (il 92,9 per cento nel 2011) è albanese, e nel 2008 ha proclamato unilateralmente la propria indipendenza, riconosciuta da 96 Paesi membri dell’Onu.
Non è la prima volta che la delicata situazione politica dei Balcani ha ripercussioni sui campi di calcio. Nel 1990, quando ancora esisteva lo stato di Jugoslavia, in una partita di campionato tra i croati della Dinamo Zagabria e i serbi della Stella Rossa vi fu il più celebre episodio in questo senso. In quell’occasione i Deljie, ultras della formazione serba, guidati dal futuro capo dei paramilitari Zeljko Raznatovic, noto come Arkan, si scontrarono contro gli omologhi croati dei Bad Blue Boys, che invasero il campo rendendo impossibile giocare la partita e dando luogo a uno scontro che coinvolse migliaia di persone oltre alla polizia.
La rissa arrivò poco dopo la vittoria elettorale di Franjo Tudjman in Croazia, che dette un forte impulso alle spinte indipendentiste del suo popolo e fu uno dei più gravi episodi di scontri tra tifosi nella storia del calcio.
Per evitare episodi di questo tipo, l’Uefa, in sede di sorteggio, esclude la possibilità che le nazionali di Paesi in conflitto politico tra di loro possano incontrarsi nello stesso girone. Questa prescrizione è al momento in vigore per Spagna e Gibilterra, Armenia e Azerbaigian, e da poco anche per le squadre russe e ucraine nelle competizioni europee tra club. Ma la decisione non ha riguardato finora Serbia e Albania.
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