Martedì 31 maggio i combattenti dell’Isis hanno bloccato il primo assalto dell’esercito iracheno a Falluja, a ovest di Baghdad, e hanno lanciato il contrattacco nel distretto meridionale della città con autobombe e attentati suicidi.
L’offensiva dell’esercito iracheno per sottrarre l’area controllata dal 2014 dai miliziani estremisti, si annuncia come una delle più importanti battaglie contro il sedicente Stato islamico. Una vittoria segnerebbe un punto di svolta nella lotta all’autoproclamato califfato che controlla ampie zone in Siria e Iraq.
Alcuni studi hanno rivelato che tra l’inizio del 2015 e la metà di marzo 2016, l’Isis ha perso circa il 22 per cento dei suoi territori controllati in Siria e in Iraq.
—LEGGI ANCHE: l’Isis è in fase di declino. Una mappa mostra come il sedicente Stato islamico abbia perso in parte il controllo
Una settimana dopo l’inizio delle operazioni militari, grazie al supporto dell’aviazione degli Stati Uniti e dell’Iran, le truppe irachene hanno raggiunto lunedì 30 maggio i confini della città, ma sono state bloccate nell’avanzata nella periferia meridionale.
A Falluja, le truppe degli Stati Uniti combatterono una delle più sanguinose battaglie durante l’invasione del 2003 e la città divenne il simbolo della resistenza e dell’insurrezione sunnita.
Attualmente la città è la roccaforte dell’Isis e da qui i jihadisti hanno lanciato l’ondata di attacchi suicidi che hanno insanguinato Baghdad.
Riconquistare la città per il governo iracheno significherebbe riprendere il controllo di uno dei centri più popolosi del paese nella fertile regione del fiume Eufrate. L’operazione rappresenterebbe anche un test sulla capacità dell’esercito iracheno di sconfiggere i miliziani dell’Isis e garantire la protezione dei civili.
Il rischio di una catastrofe umanitaria
Sebbene la maggior parte della popolazione di Falluja sia riuscita ad abbandonare la città prima dell’inizio dell’assedio, 50mila persone sono ancora bloccate al suo interno e rischiano di non avere accesso a cibo, acqua e assistenza sanitaria.
Secondo le Nazioni Unite a centinaia di civili è stata impedita la fuga per costringerli a fare da scudi umani durante i bombardamenti, mentre l’UNICEF ha lanciato l’allarme per i 20mila bambini o adolescenti che rischiano il reclutamento tra le fila dei gruppi estremisti.
“A Falluja c’è il pericolo di una catastrofe umanitaria. Le famiglie sono bloccate sotto il fuoco incrociato senza la possibilità di fuggire o mettersi al sicuro. Entrambe le parti devono garantire ai civili la possibilità di abbandonare senza pericoli la città prima che sia troppo tardi”, è l’appello lanciato da Ariane Rummery dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati.
Un medico del più importante ospedale di Falluja ha fatto sapere che almeno 32 civili e 20 jihadisti sono stati uccisi dai bombardamenti di lunedì 30 maggio.
Le organizzazioni umanitarie non sono presenti all’interno della città, ma hanno allestito dei campi tutt’intorno per ospitare i cittadini sfollati che sono riusciti a fuggire.
Il fronte di guerra
L’avanzata delle truppe d’assalto irachene, nonostante il supporto dell’aviazione e dell’artiglieria pesante, è stata bloccata dai miliziani dell’Isis nella notte di martedì 31 maggio a circa 500 metri dal distretto di Shuhada, nella parte meridionale della città.
“Le nostre forze sono finite sotto il tiro dell’artiglieria nemica e hanno scavato tunnel e trincee per proteggersi”, ha fatto sapere il comandante delle operazioni dal campo militare allestito nella periferia meridionale di Falluja.
Secondo il Pentagono l’offensiva militare richiederà molto tempo: “La riconquista di Falluja sarà dura. Negli ultimi due giorni le truppe irachene sono avanzate sotto i missili e i bombardamenti dell’artiglieria pesante, senza contare la costante minaccia delle autobombe e degli attacchi suicidi”, ha commentato il capitano Jeff Davis del Pentagono.
Pressioni politiche sul governo di Abadi
La serie di attacchi suicidi compiuti di recente dai miliziani dell’Isis hanno messo in pericolo la sicurezza di Baghdad, dove nell’ultima settimana hanno perso la vita più di 150 persone, e ha aumentato la pressione politica sul governo di Abadi, un membro della minoranza sciita che sta cercando di tenere insieme una coalizione di governo eterogenea, duramente contestata dalla popolazione irachena.
Alcuni giorni fa ha lanciato un appello ai partiti politici e alla popolazione di mettere da parte le differenze e collaborare col governo durante l’offensiva di Falluja.
Gruppi di miliziani sciiti appoggiati dall’Iran stanno collaborando con l’esercito iracheno nella campagna contro il sedicente Stato islamico, ma non partecipano all’assedio di Falluja per non infiammare la tensione settaria nel paese.
Leggi l'articolo originale su TPI.it