L’Isis è sempre più vicino a controllare completamente la città curda di Kobane, in Siria.
Lo Stato Islamico ha già issato la bandiera nera su alcune roccaforti intorno alla città.
Con l’avanzata dell’Isis al confine con la Turchia, però, il secondo esercito più numeroso della Nato sembra restare inerme.
Lo scorso lunedì, mentre Kobane sembrava sul punto di cadere nelle mani dell’Isis, il primo ministro turco Ahmet Davutoglu ha dichiarato alla Cnn: “Faremo di tutto per aiutare il popolo di Kobane, perché sono i nostri fratelli e sorelle”.
Ma fin qui la Turchia ha di fatto voltato le spalle alle centinaia di migliaia di curdi siriani in fuga dall’Isis. Ne è una prova il fatto che la Turchia – secondo quanto aggiunto da Davutoglu – si sarebbe mossa solo nel caso in cui una più ampia coalizione militare avesse posto le condizioni necessarie per una no-fly zone nel nord della Siria, che gli Stati Uniti hanno finora rifiutato.
Intanto il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha detto: “I bombardamenti non possono fermare l’Isis se non c’è una forza ribelle siriana attendibile”. E il segretario di Stato Kerry gli ha fatto eco: “Kobane non è una priorità” per gli Stati Uniti.