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    Cosa c’è da sapere sulle elezioni in Somaliland

    Credit: Afp

    Il 13 novembre è la data fissata per le elezioni più volte posticipate negli ultimi due anni. Nessuno dei tre candidati alla presidenza ha già ricoperto la carica in passato

    Di Olimpia Troili
    Pubblicato il 13 Nov. 2017 alle 12:42 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 22:49

    Lunedì 13 novembre i cittadini del Somaliland si recano alle urne per eleggere il loro nuovo presidente.

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    L’ex protettorato britannico del Somaliland fa parte della Repubblica federale di Somalia dal 1960, ma dopo la guerra civile del 1991 e il collasso delle istituzioni nazionali ha dichiarato la propria indipendenza.

    Da allora, nonostante le relazioni diplomatiche con Regno Unito e Unione europea, continua a esistere come stato indipendente e sovrano de facto, ma non riconosciuto ufficialmente da alcun paese.

    La stabilità del Somaliland, garantita da elezioni regolari e da istituzioni allo stesso tempo moderne e tradizionali, è in forte contrasto con la situazione politica caotica della Somalia. Negli ultimi 16 anni si sono succeduti pacificamente quattro presidenti: Abdirahman Ahmed Ali Tuur (1991-1993), Muhammad Haji Ibrahim Egal (1993-2002), Dahir Riyale Kahin (2002-2010) e Ahmed Mohamed Mohamoud, eletto sette anni fa ma non ricandidatosi per il voto di quest’anno dopo le accuse di corruzione e nepotismo.

    Le elezioni presidenziali e parlamentari sono state posticipate a più riprese nel corso degli ultimi due anni. I cittadini del Somaliland avrebbero dovuto recarsi alle urne già nel 2015 ma, a causa della grave siccità nel paese e di alcune controversie politiche, il voto è stato rimandato diverse volte.

    Dopo i negoziati tra partiti politici, comitato elettorale nazionale e membri del parlamento, si è arrivati alla decisione di dividere le elezioni presidenziali e parlamentari in due tranche distinte, con le prime in programma il 13 novembre 2017 e le seconde nell’aprile 2019, in concomitanza con le elezioni per il governo locale.

    Una suddivisione non accolta positivamente, soprattutto da parte della comunità internazionale. Un’ulteriore fonte di preoccupazione per quanto riguarda lo svolgimento regolare e democratico delle elezioni è rappresentato dalla decisione di limitare l’accesso ai social network nel periodo precedente il voto, ufficialmente per limitare l’azione di “forze esterne” interessate a diffondere informazioni “subdole e tribali”.

    Secondo Rooble Mohamed, specialista di comunicazioni di Hargeisa, capitale del Somaliland, i contenuti falsi e a sfondo propagandistico diffusi su Facebook o Twitter hanno creato confusione e sfiducia nell’elettorato.

    Sono quasi quattro milioni gli abitanti del Somaliland chiamati alle urne. Dopo la diffusione dei risultati ufficiali, prevista non prima del 17 novembre, il nuovo presidente entrerà ufficialmente in carica il prossimo 13 dicembre.

    I candidati 

    Sono tre i candidati che potrebbero sostituire Ahmed Mohamed Mohamoud alla guida del Somaliland: Muse Bihi Abdi, Abdirahman Mohamed Abdullahi “Irro” e Faysal Ali Warabe.

    Abdi è il candidato del Kulmiye, il partito attualmente al governo. In passato è stato un comandante del Somali National Movement (SNM), un gruppo ribelle che negli anni Ottanta lottò per rovesciare il potere del presidente Siad Barre. Nel decennio successivo, Abdi è stato ministro degli Interni e ha lavorato per la reintegrazione degli ex combattenti della regione.

    Il partito di Abdi, il Kulmiye, ha reso più stabile il paese africano non riconosciuto dalla comunità internazionale, ma è stato anche fortemente criticato per i casi di corruzione diffusi e il tribalismo.

    Il principale avversario di Muse Bihi Abdi è Abdirahman Mohamed Abdullahi “Irro”, negli ultimi 12 anni presidente della Camera bassa del parlamento. “Irro” è il candidato del partito Waddani, il più critico nei confronti dei recenti accordi con gli Emirati Arabi Uniti per la concessione del porto di Barbera e la costruzione di una base militare nel territorio del Somaliland. In caso di elezione,“Irro” non ha escluso la possibilità di stracciare i patti firmati dall’amministrazione Mohamoud.

    Faysal Ali Warabe è il leader del Justice and Welfare Party (UCID) e guida l’opposizione dall’inizio degli anni Duemila. Al contrario degli altri sfidanti, Warabe è su posizioni anti-clan ed è favorevole alla realizzazione di uno stato sociale nel Somaliland.

    Nel corso del dibattito televisivo svoltosi a ottobre, i tre candidati si sono dichiarati d’accordo sulla necessità di migliorare la qualità dell’educazione scolastica, di combattere la disoccupazione e di ottenere il riconoscimento del paese come stato indipendente a livello internazionale. Abdi ha giurato che, in caso di elezione, introdurrà quote rosa in politica e il servizio civile obbligatorio per diplomati e laureati. “Irro” ha parlato dei suoi piani per rafforzare i poteri della banca centrale per combattere l’inflazione, mentre Warabe ha promesso un esecutivo più attivo in campo economico e la devoluzione del 15 per cento del budget del governo alle spese nella sanità pubblica.

    Le sfide

    Chi vincerà le prossime elezioni presidenziali dovrà fare i conti con un’economia estremamente fragile, dipendente principalmente dalle rimesse dei migranti e dalle esportazioni di bestiame, che negli ultimi anni hanno subito un duro colpo a causa della prolungata siccità.

    Una situazione aggravata ulteriormente dal fatto che, non essendo uno stato riconosciuto a livello internazionale, il Somaliland non può ricevere finanziamenti dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale.

    Lo stato in Somaliland ha competenze limitate a causa di istituzioni deboli e risorse insufficienti. Uno dei freni principali allo sviluppo del paese sono le divisioni tribali e la forza dei clan, che restano ancora un fattore decisivo e centrale nella politica locale.

    Nel confronto elettorale ha avuto ampio spazio la questione della base militare degli Emirati Arabi Uniti a Berbera, località che si trova 100 chilometri a nord-est dalla capitale Hargeisa. La sua costruzione rientra nei piani di supporto militare alle operazioni di Abu Dhabi in Yemen e ha sollevato polemiche sia all’interno del Somaliland, sia in altri paesi del Corno d’Africa.

    Il porto di Berbera sarà sotto il controllo dei sette emirati per 30 anni; in cambio, lo stato del sud-est della Penisola araba dovrebbe fornire strumenti e finanziamenti per la costruzione di strade e di un nuovo aeroporto, oltre a migliorare l’eduzione, la sanità e i rifornimenti di acqua ed energia.

    La comunità internazionale 

    Il voto in Somaliland sarà supervisionato da una missione di osservazione elettorale internazionale, finanziata dal governo britannico e costituita da 60 membri provenienti da 27 paesi diversi.

    In una dichiarazione ripresa da Al Jazeera, i componenti della missione si sono detti “particolarmente fiduciosi per i miglioramenti nel sistema di registrazione degli elettori introdotto per risolvere i problemi che hanno colpito le precedenti votazioni”.

    A capo della missione di osservazione elettorale c’è Michael Walls, secondo il quale “questo voto è importante perché per la prima volta nessuno dei tre candidati ha già ricoperto la carica e i cittadini del Somaliland hanno la possibilità di scegliere tra alternative davvero diverse”.

    “Nel caso in cui tutto andasse come previsto, il successo di queste elezioni rappresenterebbe un segnale importante della maturità della democrazia locale”, ha detto Walls ad Al Jazeera. “Il Somaliland deve dimostrare di riuscire a garantire il regolare svolgersi del processo elettorale. Tante persone, soprattutto membri della comunità internazionale, stanno prestando attenzione”.

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