La missione Rosetta ha sancito il primo sbarco di una navicella spaziale su una cometa, avvenuto il 12 novembre sul corpo celeste denominato 67P/Churjumov-Gerasimenko.
Le comete sono gli oggetti più primitivi del nostro sistema solare, quelli la cui composizione ha subìto meno cambiamenti dal momento della loro formazione.
Sono corpi celesti composti prevalentemente da ghiaccio e alcuni di loro conservano inalterate le informazioni sullo stato primordiale della materia come era circa 4,6 miliardi di anni fa.
Il 12 novembre 2014, alle 17:03 ora italiana, il lander Philae della missione Rosetta ha inviato il primo segnale alla Terra, al Centro di Controllo della European Space Agency (Esa) di Darmstadt, in Germania (il lander è una navicella usata per gli sbarchi sui corpi celesti).
La sonda attendeva di poter inviare il lander sulla superficie della cometa dallo scorso agosto, quando aveva cominciato a osservarla, fotografarla e studiarla da lontano (cosa che continuerà a fare fino a luglio 2015). È la prima volta nella storia che una sonda interplanetaria atterra direttamente all’interno del nucleo di una cometa.
Il nucleo è la parte solida e centrale della cometa, composto principalmente da roccia, polvere e gas congelati: per questa ragione viene spesso descritto come una palla di neve sporca. La sublimazione dei gas congelati che avviene con l’avvicinarsi di una cometa al sole crea un’atmosfera, di tipo temporaneo, attorno al nucleo, chiamata chioma.
Questa, esposta al forte vento solare, crea una coda di notevoli dimensioni in direzione opposta al Sole. Ma non è questo il caso della cometa 67P/Churjumov-Gerasimenko, al momento ancora molto distante dal Sole.
Dopo la lunga traversata nel sistema solare (il lancio avvenne con un razzo europeo Ariane 5 il 2 marzo 2004), la sonda principale Rosetta resterà quindi nei dintorni della cometa, proseguendo nella sua esplorazione.
Il segnale proviene da 511 milioni di chilometri e ha impiegato 28 minuti e 34 secondi di tempo per giungere sin qui. Il lander era infatti atterrato alle 16:35 (ora italiana). Fino a questo momento, la sonda ha percorso 6,5 miliardi di chilometri.
La missione Rosetta è stata pianificata nell’ambito del progetto della European Space Agency (Esa) chiamato Horizon 2000, iniziato nel 1985 con l’obiettivo di esplorare i corpi minori – principalmente comete e asteroidi – del Sistema Solare.
La missione è partita il 2 marzo 2004, con il lancio della sonda attraverso il razzo Ariane 5 dal Centro spaziale della Guyana Francese, gestito dall’Esa e dal Centre National d’etudies spatiales (Cnes), l’agenzia spaziale francese.
I razzi Ariane 5 sono una tipologia di vettori per lancio spaziale prodotti dalla Astrium, la sezione del gruppo Airbus che si occupa del trasporto aerospaziale. Ognuno di questi razzi viene usato una sola volta e serve per inviare nello spazio satelliti, sonde o moduli di rifornimento per le stazioni spaziali orbitanti.
Nel caso di Rosetta, sono stati lanciati tramite Ariane 5 i due elementi della missione: la sonda spaziale Rosetta e il lander Philae, trasportato all’interno della sonda.
Le sonde spaziali sono navicelle prive di equipaggio che vengono lanciate nello spazio a scopo esplorativo. Servono quindi a osservare i corpi celesti più remoti. Diversamente dai satelliti spaziali, non seguono un’orbita fissa e non si limitano a girare intorno alla Terra.
I lander sono un tipo di navicelle spaziali usate per atterrare sulla superficie dei corpi celesti nella quale tuttavia non possono muoversi. I veicoli che prevedono questa possibilità sono invece detti rover.
Dopo diversi fly-by – così sono chiamati i passaggi ad alta velocità delle sonde su altri corpi celesti – e una volta raggiunta la parte del Sistema Solare più distante dal Sole, in cui i pannelli solari non sono stati in grado di funzionare, Rosetta ha raggiunto uno stato di ibernazione.
Per questo, la sonda è stata messa in profondo letargo nel giugno 2011, rimanendovi per 31 mesi. Rosetta si è poi risvegliata da sola, senza segnali provenienti dalla Terra, grazie a un proprio orologio interno, lo scorso gennaio.
Il 6 agosto è avvenuto il rendez-vous – così vengono chiamati gli incontri delle sonde con i corpi celesti – con la cometa 67P/Churjumov-Gerasimenko.
Il 12 novembre scorso il lander Philae è stato rilasciato e ha raggiunto senza problemi la cometa: l’unica complicazione è avvenuta nella procedura di ancoraggio, il che non ci permette ancora di accertare la stabilità della navicella sulla superficie del corpo celeste.
Il lander Philae ha iniziato il 14 novembre le perforazioni sul suolo della cometa 67P/Churjumov-Gerasimenko ma, dal momento che è atterrata in un punto diverso rispetto a quello inizialmente previsto, l’energia solare non è sufficiente per tenere attiva la batteria della navicella.
Il 15 novembre, dopo aver inviato le ultimi immagini della cometa, il lander Philae ha esaurito le batteria ed è entrato in stand-by. Tornerà attivo quando i pannelli solari saranno nuovamente in grado di fornire energia alla navicella.
Prima di spegnersi, Philae ha registrato una temperatura di 153 gradi sotto lo zero sul punto di atterraggio, una superficie che secondo i tecnici dell’Esa sarebbe ghiaccio solido molto duro ricoperto di polvere.
Quest’ultimo dato è stato chiaro quando il Mupus (Multi-Purpose Sensors for Surface and Sub-Surface Science), uno degli strumenti a bordo di Philae, ha iniziato a martellare il suolo della cometa, riuscendo però a penetrarvi solo in modo sensibile.
Tuttavia, tra i dati mandati sulla Terra prima di spegnersi, il lander ha rilevato attraverso un’analisi dell’atmosfera attraverso lo strumento Cosac (Cometary Sampling and Composition) la presenza di molecole organiche, ovvero che contengono il carbonio, uno degli elementi centrali della vita sulla Terra. Si attendono tuttavia ulteriore analisi per comprendere il livello di complessità di queste molecole.
La missione proseguirà fino al dicembre 2015: fino a quel momento, la sonda Rosetta orbiterà intorno alla cometa 67P/Churjumov-Gerasimenko per seguirne l’andamento, e la accompagnerà così nel suo avvicinamento al Sole. La missione è seguita dal Centro per le operazioni spaziali (Esoc) di Darmstadt, in Germania. A capo delle operazioni è l’italiano Paolo Ferri.
La cometa
La cometa 67P/Churjumov-Gerasimenko è una cometa periodica: così sono chiamate quelle che impiegano meno di 200 anni per completare la propria orbita. In questo caso, il tempo impiegato è di 6,45 anni terrestri, e per questo fa parte delle cosiddette comete giovani (che impiegano tra i 5,93 e gli 11,86 anni a completare l’orbita).
La cometa 67P/Churjumov-Gerasimenko è lunga 2 chilometri e la sua larghezza varia tra i 4,1 e i 2,5 chilometri. Questo corpo celeste è stato scoperto nel 1969 dallo scienziato ucraino Klim Ivanovic Churyumov analizzando una foto scattata l’11 settembre dello stesso anno dall’astronomo tagiko-ucraino Svetlana Ivanova Gerasimenko presso l’Istituto di Astrofisica di Alma-Ata, nell’odierno Kazakistan. La cometa ha preso il nome degli scienziati che l’hanno scoperta.
Nel video: la storia della missione Rosetta
La missione ha come principale obiettivo scientifico la comprensione dell’origine delle comete, nella speranza di poter ottenere da essa informazioni che permettano di poter risalire alle origini del Sistema Solare. Le comete, infatti, sono ricche di sostanze inalterate da milioni di anni, che la sonda può rintracciare prelevandone campioni dalla superficie.
Alcune comete, in quanto oggetti primitivi del nostro Sistema Solare che non hanno subìto modifiche rilevanti dal momento della loro formazione, conservano inalterate le informazioni sullo stato della materia, così come era circa 4,6 miliardi di anni fa. In questo modo, potrebbero trovarsi informazioni sulla nebulosa che, secondo gli attuali modelli, è all’origine del Sistema Solare.
Il nome
Rosetta deve il suo nome alla celebre stele di Rosetta, la lastra di granito rinvenuta nel 1799 che, contenendo iscrizioni sia in geroglifico che in greco, permise agli archeologi di decifrare la scrittura degli antichi egizi.
La decisione di dare alla missione un nome così altisonante si spiega con le grandi aspettative che l’Esa ripone in essa: tramite i campioni che il lander sarà in grado di prelevare tramite alcune trivellazioni, oltre a risposte inerenti la conformazione del nucleo della cometa stessa, la speranza è di trovare elementi che permettano di risalire alle origini del Sistema Solare.
Il lander ha invece preso il nome di Philae, da una piccola isola sul Nilo, in Egitto, in cui nel 1815 fu ritrovato un obelisco con iscrizioni in greco e geroglifico. Il luogo del’atterraggio del lander è invece stato chiamato Agilkia, una piccola isola del Nilo dove sono stati trasferiti, nel 1977, alcuni templi che sorgevano sull’isola di Philae, sempre in Egitto, allagata a causa della costruzione della diga di Assuan.
Il ruolo dell’Italia nel progetto
La trivella che perforerà il nucleo cometario, chiamata SD2 (Sample Drill & Distribution), è stata costruita a Milano dalla Selex ES, sotto il coordinamento della professoressa Amalia Ercoli Finzi, del Politecnico di Milano. La punta della trivella perforerà il suolo fino a circa 25 centimetri di profondità.
La stessa società ha inoltre realizzato altri componenti molto importanti per la missione: il Visible and Infrared Thermal Imaging Spectrometer (Virtis), ovvero lo strumento in grado di rilevare le caratteristiche termiche della cometa e il Grain Impact Analyser and Dust Accumulator (Giada), che serve invece ad analizzare le polveri della cometa.
Nel video: la missione Rosetta spiegata con un cartone animato
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