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    Ho 30 anni, sono sottopagata e frustrata ma la mia vita su Instagram deve sembrare il contrario

    Il progetto dell'art director Samantha Jayne ha lo scopo di raccontare con umorismo e un po' di amarezza la vita tipo dei trentenni spesso insoddisfatti

    Di TPI
    Pubblicato il 3 Apr. 2016 alle 16:18 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 03:06

    Come ci si sente a essere un millennial, ossia appartenere a quella categoria di persone nate dopo gli anni Ottanta che oggi hanno dai 30 anni in su? Come ci si sente a vestire i panni di giovani adulti stritolati da un mercato del lavoro spietato, spesso subordinato, sottopagato, o nella maggior parte dei casi non retribuito e non qualificato? E se a tutto ciò si aggiunge la smania sempre più diffusa di dover a tutti i costi apparire perfetti, con una vita perfetta, sui social media?

    A tutte queste domande ha provato a rispondere Samantha Jayne, una art director freelance che lavora per un’agenzia pubblicitaria a Los Angeles, attraverso la creazione di una serie di cortometraggi dove all’umorismo si affianca anche una punta di amarezza che domina gli animi di una generazione di trentenni spesso insoddisfatti, sul lavoro e nei rapporti personali, e sulla loro smania di apparire nel contempo perfetti agli occhi degli altri attraverso i social media.

    I quattro brevi video creati dall’autrice per la presentazione del suo nuovo libro intitolato “Quartelife poetry” in uscita il prossimo 5 aprile in America, esplorano appunto delle situazioni tipo in cui ciascuno di noi si può trovare, mettendo a nudo la vita reale con quella che spesso siamo portati a creare sui social network.

    Nel primo video dal titolo “La mortalità”, si vede una giovane impiegata seduta alla sua scrivania, sullo sfondo di un anonimo ufficio, con uno sguardo perso nel vuoto e con una pila di scartoffie da archiviare. Ad un certo punto, la giovane viene interrotta da un collega che si avvicina per dirle “oggi è il pizza day”.

    Come un automa la donna si alza e si dirige nella sala riunioni dove su un tavolo sono ammucchiate decine e decine di scatole di pizza e dove altri colleghi, in piena solitudine consumano i loro quarti di pizza. In un’atmosfera cupa, la giovane impiegata impugna il suo smartphone e immortala l’evento aziendale postandolo su Instagram con i tag #bestjobever (il miglio lavoro di sempre), #ilovemylife (amo la mia vita) e #blessed.

    Decine di like iniziano ad apparire, ma la frase che chiude il breve video è abbastanza significativa: “we’re kidding?” (Chi vogliamo prendere in giro?).

    La scelta di un ufficio qualsiasi e di un lavoro dietro la scrivania è intenzionale poiché ciascuno ci si possa in qualche modo riconoscere.

    “Ho dato vita a questi spot come trailer del mio libro per poter avere un punto di contatto con altre persone della mia generazione e mandare un messaggio a tutti coloro che utilizzano i social media come Instagram per far vedere al mondo virtuale quanto siamo brillanti e quanti amici abbiamo. La nostra generazione dimostra così di avere due identità completamente diverse: il nostro vero sé e quello che curiamo quando siamo on line”. 

    Qui sotto gli altri tre video della serie realizzata da Samantha Jayne:


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