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    La Cpi chiarisce: “I mandati di arresto contro Putin e Netanyahu vanno eseguiti. Gli Stati possono chiedere una deroga”

    Credit: AGF

    "Non c’è immunità dall’azione penale per nessuno”, ha spiegato il portavoce
del Tribunale dell’Aja,
Fadi el-Abdallah

    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 7 Dic. 2024 alle 10:18 Aggiornato il 10 Dic. 2024 alle 09:46

    La Corte penale internazionale
ha chiarito che tutti i Paesi aderenti
allo Statuto di Roma
(Italia compresa), che ha istituito il tribunale,
sono tenuti a eseguire i mandati di arresto emessi
dall’Aja,
anche quelli contro capi
di Stato o di governo stranieri
come Vladimir Putin e Benjamin Netanyahu.

    Le richieste di arresto emanate l’anno scorso
contro il presidente russo
e a fine novembre nei confronti del premier israeliano (e il suo ormai ex ministro della Difesa, Yoav Gallant)
hanno provocato diverse
perplessità tra i vari governi
d’Europa e all’interno
delle diverse maggioranze
(come avvenuto in Italia tra Lega e Forza Italia),
indecise se applicare o meno
il provvedimento chiesto dall’Aja
nei confronti di capi di Stato
e di governo di Paesi non firmatari
del trattato che istituisce
la Corte penale internazionale,
violando così l’obbligo di garantire
loro l’immunità diplomatica.

    “Se uno Stato ritiene
che vi sia una sorta
di conflitto tra l’obbligo
di rispettare
l’immunità diplomatica
di un accusato
o se vi sono altre circostanze che gli impediscono
di cooperare con la Corte per quanto riguarda
i mandati d’arresto”,
ha spiegato in conferenza stampa
da Bruxelles il portavoce
del Tribunale dell’Aja
Fadi el-Abdallah,
“l’articolo 9 dello Statuto di Roma
consente di sottoporre
la questione ai giudici della Cpi”,
per chiedere una deroga. In caso contrario, ha aggiunto,
gli Stati coinvolti
violerebbero i propri obblighi,
come ha fatto la Mongolia
accogliendo Putin
a settembre durante
la sua visita nel Paese,
per cui ora Ulan Bator
è sotto esame della Cpi.

    “L’articolo 27
dello Statuto di Roma
dice chiaramente
che non c’è immunità
dall’azione penale
per nessuno”, ha spiegato
il portavoce della Corte. Finora però, ha aggiunto,
nessuno Stato ha chiesto
alcuna deroga alla Cpi, almeno nel caso contro il premier
di Israele, Benjamin Netanyahu. Non pubblicamente. “Non ho visto nulla del genere
nei documenti pubblici ma io,
in ogni caso, ho accesso solo
ai documenti pubblici”,
ha spiegato el-Abdallah. I governi infatti possono
anche chiedere alla Cpi
di procedere
in via confidenziale.

    Non è la prima volta che l’Aja ricorda agli Stati membri le proprie responsabilità, la cui violazione però non comporta conseguenze molto gravi. Già ad agosto infatti la Corte aveva ricordato a tutti i Paesi membri “l’obbligo” di arrestare le persone oggetto di un mandato d’arresto. Tuttavia, ai sensi dello Statuto di Roma, i giudici non possono obbligare le nazioni firmatarie ad adempiere ai propri obblighi, se non deferendo i responsabili all’Assemblea degli Stati Parte della Corte, le cui sanzioni sono sostanzialmente limitate a una reprimenda, come già successo in passato nel caso dell’ex dittatore sudanese Omar al-Bashir, recatosi spesso indisturbato in visita in alcune nazioni aderenti all’organismo giudiziario internazionale.

    Nel marzo del 2023, la Corte penale internazionale ha spiccato un mandato arresto internazionale per crimini di guerra contro Vladimir Putin nell’ambito dell’inchiesta cominciata poche settimane dopo l’invasione dell’Ucraina. Il leader del Cremlino è accusato di aver deportato migliaia di bambini ucraini in Russia, motivo per cui un secondo mandato di cattura è stato emesso anche nei confronti della commissaria di Mosca per i diritti dell’infanzia, Maria Lvova-Belova.

    A fine novembre invece, la Camera preliminare della Corte penale internazionale ha accolto la richiesta di arresto presentata dalla Procura della Cpi nei confronti del premier
di Israele, Benjamin Netanyahu, e del suo ormai ex ministro della Difesa, Yoav Gallant, per crimini di guerra e contro l’umanità durante la guerra tuttora in corso nella Striscia di Gaza.

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