Si è aperta oggi a l’Aja, alla Corte internazionale di giustizia, la prima udienza sulle accuse alla Russia di genocidio ai danni dell’Ucraina, ma gli avvocati che rappresentano Mosca non si sono presentati. “Il governo non intende partecipare”, ha spiegato l’ambasciatore russo dei Paesi Bassi ai giudici, come riferito dalla presidente Joan Donoghue. “La corte si rammarica della mancata apparizione della Federazione Russa in questo procedimento orale”, ha commentato la legislatrice americana.
Intanto, nonostante le rassicurazioni di Vladimir Putin sull’apertura di corridoi umanitari e l’annuncio di due tregue in due giorni nelle città dell’Ucraina sud-orientale, le forze russe continuano a bombardare a tappeto case e abitazioni utilizzando anche bombe a grappolo senza rispettare il cessate il fuoco.
Le udienze presso il Palazzo della Pace dell’Aja dureranno due giorni. L’Ucraina, che presenterà le sue argomentazioni oggi, accusa la Russia di aver manipolato il concetto di genocidio per giustificare l’invasione e ha chiesto che vengano fermate “immediatamente le operazioni militari” lanciate il 24 febbraio, “con l’obiettivo dichiarato di prevenire e punire un presunto genocidio” nelle regioni separatiste orientali di Lugansk e Donetsk.
La Russia, che avrà la possibilità di presentare la sua replica al documento preparato da Kiev domani martedì 8 marzo, afferma infatti che “l’azione militare speciale” di Mosca nel Paese si è resa necessaria “per proteggere le persone sottoposte al genocidio”, e cioè coloro la cui prima o unica lingua è il russo, nell’Ucraina orientale. Ma i rappresentanti ucraini ritengono false le accuse, e anzi ritengono che sia stata la Russia a commettere un genocidio nei confronti degli abitano della regione. Per questo chiedono alla Corte internazionale di giustizia di “svolgere il suo ruolo” e fermare la Russia.
Il documento legale di nove pagine che ha presentato l’Ucraina, oltre a negare il genocidio, sostiene che la Russia abbia “capovolto la Convenzione sul genocidio”, e che appunto sia stata Mosca a “pianificare atti di genocidio” nel Paese, scrivono i legali di Kiev. Il caso ruota attorno all’interpretazione di un trattato del 1948 sulla prevenzione e repressione del delitto del genocidio, firmato da entrambi i Paesi.
La Convenzione afferma che, per parlare di genocidio, deve essere dimostrata l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, provocandone la morte o causando gravi danni fisici o mentali e adottando misure intese a prevenire, per esempio, le nascite nel gruppo che si intende distruggere. Il trattato nomina la Corte internazionale di giustizia foro per risolvere le controversie tra i firmatari, ma per punire le eventuali violazioni del diritto internazionale umanitario, vige la “giurisdizione universale”, secondo la quale ogni Stato ha l’obbligo di ricercare e punire i colpevoli.
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