Il 5 maggio il corpo di Lorenzo Orsetti, il combattente italiano ucciso in Siria dall’Isis, ha lasciato il Rojava diretto ad Erbil, in Iraq.
La notizia è stata data dall’Internationalist Commune of Rojava, che tramite social comunicava che “Şehid Tekoser (Lorenzo Orsetti) ha lasciato oggi [5 maggio, ndr] il Rojava con tutti gli onori militari. Sarà seppellito nella sua terra. È caduto come un grande rivoluzionario, la sua speranza sopravvive nella rivoluzione e nei nostri cuori”.
Da più di un mese il corpo di Lorenzo Orsetti era fermo nella Federazione Democratica della Siria del Nord (Rojava) in attesa di essere trasferito in Iraq, dove si trova il consolato italiano, per essere rimpatriato.
Per avere maggiori informazioni sul rientro in Italia del corpo di Lorenzo, TPI ha raggiunto telefonicamente il padre, Alessandro Orsetti.
“Ieri c’è stata una grande manifestazione in Rojava, un funerale militare, e in serata il corpo è arrivato a Erbil, in Iraq. Adesso ci saranno tutti gli adempimenti burocratici e legali del caso: è tutto nella mani del governo iracheno”.
Non abbiamo avuto indicazioni precise, sappiamo solo che ci vorrà tempo. Non c’è molto che il nostro Consolato possa fare e l’inizio del Ramadan rischia di ritardare le operazioni.
Posso dire che qualcosa si è mosso nelle ultime ore: 10 giorni fa sembrava che non ci sarebbero stati progressi ancora per molto, era tutto bloccato. I curdi però ieri si sono mossi e hanno organizzato questa cerimonia funebre e anche il governo italiano ha fatto la sua parte.
Oggi ho sentito il Consolato italiano per capire meglio come procederanno e mi hanno assicurato che faranno tutto il possibile per un rapido rientro e che ci terranno informati sugli sviluppi.
Ad oggi però non abbiamo ancora una data precisa del rimpatrio e non sappiamo se la salma arriverà a Ciampino o in un altro aeroporto. Noi intanto abbiamo deciso di seppellirlo al cimitero delle Porte Sante di Firenze.
Sì, sono contento che ci sia ancora una grande attenzione nei confronti di Lorenzo e dei curdi. In tanti continuano a chiedere, a informarsi, a scrivere e a manifestare la loro vicinanza. Sono contento che l’attenzione sui curdi non sia ancora calata.
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