Una fossa comune con i resti di circa 80 corpi di donne è stata scoperta dai peshmerga – i guerriglieri curdi – vicino alla città irachena di Sinjar, caduta in mano dell’Isis e riconquistata dalle forze curde con il supporto degli Stati Uniti il 13 novembre.
I combattenti curdi affermano di aver trovato ossa, capelli e oggetti personali, che confermerebbero che si trattava soprattutto di donne yazide.
Il yazidismo è un’antica religione monoteista della Mesopotamia, elencata fra le sette musulmane, ma considerata dall’Isis come una fede eretica. Per questo durante l’occupazione della città, in molti sono stati costretti a convertirsi all’Islam professato dai jihadisti, per non essere uccisi dagli estremisti.
Hussein Haffoun, un consigliere del governo regionale curdo, ha confermato ad Al Jazeera il ritrovamento di 76 corpi, accusando l’Isis di genocidio. Molte ragazze yazide sfuggite da Sinar durante l’occupazione del sedicente Stato islamico avevano già raccontato agli inquirenti di aver assistito ad uccisioni di massa.
Le autorità aggiungono che potrebbero esserci molte altre fosse nei dintorni della città, che al momento è al centro delle indagini degli investigatori.
Secondo fonti statunitensi, l’Isis avrebbe ucciso nella città di Sinjar almeno 3mila tra uomini e donne yazidi quando il gruppo jihadista ha conquistato la città in agosto. Molti sarebbero stati ridotti in schiavitù solo per il fatto di professare quella fede.
Proprio il brutale trattamento riservato ai yazidi e il rischio di un genocidio avrebbe spinto gli Stati Uniti ad intervenire con attacchi aerei contro l’Isis.
“Noi sappiamo che questa è una guerra. Sappiamo che molte persone moriranno. Ma questo va oltre, non dimenticheremo mai chi è morto qui, e ci riprenderemo la rivincita”, ha dichiarato uno degli abitanti yazidi di Sinjar, Naib Jassim, che ha perso parte della propria famiglia a causa dell’Isis.