In Siria, a Idlib, dove quasi 1 milione di persone fuggite dalla guerra civile sono state costrette a sfollare in condizioni disumane in campi sovraffollati, la diffusione del Coronavirus potrebbe provocare conseguenze catastrofiche. Qui le famiglie vivono in condizioni di sovraffollamento al limite, con un accesso minimo o assente all’assistenza sanitaria. Con le restrizioni sulla libertà di movimento e gli spazi ristretti l’autoisolamento sarebbe praticamente impossibile nel caso di un contagio, denuncia Save the Children. Per alcune persone raccomandazioni come lavarsi frequentemente le mani e rispettare la distanza di sicurezza di almeno un metro sono impossibili da adempiere. Così, mentre i paesi di tutto il mondo inaspriscono le restrizioni per combattere la diffusione del Coronavirus, ci sono famiglie che non possono garantire ai propri figli nemmeno la pulizia del corpo quotidiana. In questi campi profughi non sempre c’è acqua corrente e dentro ogni tenda vivono fino una dozzina di persone.
“Volete che ci laviamo le mani?”, dice Fadi Mesaher, direttore di Idlib per la Maram Foundation for Relief and Development al New York Times. “Alcune persone non possono lavare i propri bambini per una settimana. Vivono all’aperto”. I medici siriani ritengono che il virus sia già penetrato nei campi, in cui sono stati registrati morti e malattie che portano i segni distintivi dell’epidemia, ma la risposta internazionale è stata lenta o inesistente.
In tutta la provincia, gli ospedali e le strutture mediche sono stati decimati da otto anni di guerra. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, dall’inizio dell’offensiva di dicembre oltre 84 ospedali e strutture mediche nel nord-ovest della Siria sono stati distrutti o costretti a chiudere per via dei bombardamenti. I medici della regione stimano che un milione di persone nella provincia di Idlib potrebbero contrarre il virus, tra i 100mila e i 120mila potrebbero morire e che 10mila avranno bisogno dell’aiuto dei ventilatori. Nella provincia al momento ce ne sono solo 153.
Le condizioni di scarse igiene e sovraffollamento in cui vivono le famiglie nei campi profughi creano una condizione favorevole al virus, che si potrebbe quindi diffondere più velocemente. E con ospedali e cliniche già stremati da anni di conflitto, il tasso di mortalità potrebbe essere molto più alto di quello nei paesi più attrezzati.