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    Corea del Sud, le donne vengono filmate nei bagni pubblici da telecamere nascoste e le immagini usate per film porno

    L'immagine di un video registrato con una telecamera nascosta e diffuso dalla polizia sudcoreana.

    Il fenomeno, diffuso già da alcuni anni, è chiamato "molka". Negli ultimi mesi le donne sudcoreane sono scese in piazza per chiedere maggiori tutele contro questo crimine

    Di Anna Ditta
    Pubblicato il 19 Giu. 2018 alle 12:20 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:30

    “La mia vita non è il tuo film porno”. Con questo slogan lo scorso 9 giugno più di ventimila donne sono scese in piazza a Seoul per manifestare contro le microtelecamere nascoste in luoghi pubblici, come metropolitane, supermercati, uffici, scuole e persino bagni pubblici, per “rubare” immagini di donne inconsapevoli che poi vengono pubblicate su siti pornografici.

    Non è la prima volta che si tiene una manifestazione di questo tipo: il 19 maggio una protesta simile aveva coinvolto 12mila persone.

    Le donne che sono scese in piazza, tutte vestite di rosso, chiedono una risposta da parte delle autorità e non sembrano intenzionate ad arrendersi.

    “Oggi le donne coreane indossano maschere per coprirsi i volti e cercano buchi anche quando vanno nei bagni pubblici”, ha scritto su Twitter Raphael Rashid, giornalista di base a Seoul. “Le telecamere sono nascoste nel muro e persino DENTRO la toilette. Questi crimini sono dilaganti, e vengono commessi anche in bagni pubblici, palestre, piscine e strutture ricettive”.

    Le donne che hanno partecipato alla manifestazione hanno coperto parzialmente i loro volti, per non essere vittime di ritorsioni.

    Il bizzarro genere pornografico composto con le riprese delle telecamere nascoste è stato chiamato “molka“, ed è diventato sempre più popolare con il diffondersi della tecnologia del web in Corea del Sud.

    L’attuale ondata di proteste è stata provocata da un episodio avvenuto all’inizio di maggio, quando una donna è stata arrestata per aver filmato e diffuso l’immagine di un modello maschile nudo in posa per un corso d’arte alla Hongik University, senza che lui ne fosse a conoscenza.

    In quel caso, la polizia ha agito rapidamente e non solo ha arrestato la donna, ma l’ha anche mostrata ai media, anche se con il volto coperto, secondo quanto riporta Russia Today.

    La stessa prontezza delle forze dell’ordine non è stata riscontrata quando sono stati gli uomini a filmare le donne in momenti privati.

    “Nessun caso ha mai ricevuto tanta attenzione da parte dei media come l’incidente della Hongik University”, ha detto un’organizzatrice della protesta del 19 maggio all’agenzia sudcoreana Yonhap, che preferisce rimanere anonima.

    Secondo le statistiche della polizia, nel 2017, circa il 96 percento delle persone sospettate di “molka” e catturate dalla polizia erano di sesso maschile. Su quasi 5.500 casi, solo 119 persone sono state imputate e condannate.

    Tra il 2012 e il 2017 solo il 2,6 per cento dei sospettati di sesso maschile è stato arrestato.

    Il governo sudcoreano guidato dal presidente Moon Jae-in ha già adottato una legge che prevede che chi filma o fotografa una persona senza il suo consenso in modi che possano provocare desiderio sessuale o essere causa di umiliazione rischia fino a cinque anni di carcere o una multa di qualche migliaio di dollari.

    I risultati di questa politica, tuttavia, finora sono stati scarsi. Solo una minima parte degli autori di questo crimine infatti rischia il carcere.

    A Seoul è stata creata una squadra di polizia che attraverso dispositivi di scansione a infrarossi e rilevatori di campi elettromagnetici controlla che nei bagni pubblici non siano state installate telecamere nascoste.

    Il governo di Seoul ha infine creato una linea di emergenza per le vittime che, da aprile all’inizio di giugno, è stata già contattata da 360 vittime che hanno scoperto dei loro video online..

    Agenti della squadra “anti-telecamere nascoste” della polizia sudcoreana effettuano un controllo nei bagni di un museo ad agosto 2016. Credit: JUNG YEON-JE
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