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    Cinque bufale sulla Corea del Nord a cui dovreste smettere di credere

    È vero che Kim Jong-un è un pazzo e che l'unica soluzione è l'ingresso in guerra degli Stati Uniti? Ecco cinque falsi miti sul paese asiatico, smontati uno per uno

    Di TPI
    Pubblicato il 6 Set. 2017 alle 18:52 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:15

    La Corea del Nord è un paese al centro dell’attenzione mediatica mondiale per via dei test nucleari e missilistici con cui il dittatore Kim Jong-un minaccia la stabilità dell’area.

    Il regime di Pyongyang è particolarmente chiuso rispetto al resto del mondo. È molto difficile ottenere notizie attendibili provenienti dal suo interno e, di conseguenza, questo ha favorito la diffusione di bufale sul suo conto. Abbiamo selezionato i cinque falsi miti più diffusi, smontandoli uno per uno.

    I dirigenti e l’esercito sono fedelissimi a Kim Jong-un

    La Corea del Nord è una dittatura guidata da Kim Jong-un in cui vengono violati i diritti umani e molte libertà fondamentali dell’individuo, come denunciano varie organizzazioni umanitarie, tra cui Amnesty International. Ma questo non significa che tutto l’esercito e tutti i principali dirigenti siano fedelissimi a Kim e alla sua famiglia.

    Hazel Smith, professore della School of Oriental and African Studies (Soas) dell’Università di Londra, ha spiegato che la gestione del potere in Corea del Nord è molto più frammentaria di quanto emerga nei media occidentali.

    Nel paese è presente un’élite formata anche da altre famiglie che dominano la scena politica, economica e militare del regime, fatto che in certe situazioni di dissidi può anche rendere il governo nordcoreano meno stabile di quanto si possa immaginare.

    Queste famiglie dominano diversi settori della vita del paese, dalle risorse finanziarie a settori della sicurezza e dell’apparato militare. In passato è capitato anche che ci siano state accese rivalità tra di esse.

    Kim Jong-un è un pazzo

    Spesso i media occidentali dipingono Kim Jong-un come un pazzo, che ha l’obiettivo di distruggere il mondo. Si tratta evidentemente di una generalizzazione.

    L’atteggiamento di Kim in politica estera può essere ricollegato a un comportamento razionale, in cui un paese minaccia azioni spropositate – tra cui l’impiego di armi atomiche – come deterrente per raggiungere un obiettivo specifico.

    In questo caso, si tratta della necessità di mantenere il potere, obiettivo che Kim persegue con minacce di azioni eclatanti, che vanno avanti da anni. La comunità internazionale ha inasprito sempre di più le sanzioni contro il paese asiatico, per porre fine al suo programma nucleare considerato illegale.

    Se da un lato è condiviso che Kim stia perseguendo un preciso progetto di politica estera, è un argomento di dibattito se il suo obiettivo sia semplicemente la sopravvivenza del suo regime – sempre più isolato dalla comunità internazionale – o ci sia anche dell’altro.

    Nel 2003, il dittatore libico Muammar Gheddafi rese noti tutti i dettagli sul programma nucleare del suo paese chiedendo in cambio che la Libia potesse essere integrata dall’Occidente dal punto di vista economico e commerciale. Ma questo discorso non fu mai portato a termine: nel 2011, nell’ambito della cosiddetta Primavera araba, ebbe inizio la guerra civile libica che portò al rovesciamento di Gheddafi grazie anche all’intervento militare di diversi paesi occidentali e arabi.

    Secondo molti analisti l’obiettivo di Kim è allarmare gli Stati Uniti, e utilizzare uno strumento di pressione su Washington perché ritiri le sanzioni e le proprie truppe dalla Corea del Sud.

    In questo modo, però, c’è il timore che Pyongyang dia inizio a un nuovo conflitto nella penisola coreana, volto a riunificare il paese sotto il nord. L’arsenale nucleare servirebbe come scudo per poter portare avanti la guerra senza che intervengano potenze straniere.

    L’unica soluzione è l’intervento militare degli Stati Uniti

    Nel corso della loro storia, gli Stati Uniti hanno combattuto numerose guerre e ancora oggi sono coinvolti in numerosi conflitti. Nell’area della penisola coreana gli statunitensi hanno una forte presenza militare, iniziata con la fine della seconda guerra mondiale e la successiva guerra di Corea. Tuttavia, un intervento contro la Corea del Nord non sarebbe la stessa cosa di interventi in altre regioni.

    In primo luogo, la Corea del Nord confina con Russia e Cina: proprio quest’ultima è stata per molto tempo il principale alleato di Pyongyang, in un rapporto che negli ultimi tempi si è deteriorato in seguito ai ripetuti test nucleari e missilistici voluti da Kim. Un intervento contro la Corea del Nord da parte degli Stati Uniti non potrebbe ignorare questi vicini e il loro ruolo nella regione.

    Oltre a questo, la Corea del Nord sta diventando una potenza nucleare. Per quanto non si sappia quale sia il reale potenziale dell’atomica di Pyongyang, anche una sola testata lanciata potrebbe causare danni incalcolabili.

    Un attacco preventivo – come quello di cui aveva parlato nel marzo 2017 il segretario di stato statunitense Rex Tillerson – non darebbe la certezza di distruggere l’intero arsenale nucleare nordcoreano, che potrebbe usare in risposta le proprie armi atomiche contro la Corea del Sud e il Giappone.

    A questo va aggiunto il fatto che l’esercito del paese asiatico è formato da circa un milione di persone, cui vanno aggiunti 600mila riservisti e un corpo paramilitare di 6 milioni di persone, il più vasto al mondo. Una guerra da parte degli Stati Uniti contro la Corea del Nord non sarebbe dunque paragonabile a quelle avviate contro Afghanistan e Iraq.

    La due Coree vogliono distruggersi a vicenda

    Il rapporto tra Corea del Nord e Corea del Sud è più complesso di quanto sembri. La Corea fu un unico stato fino al 1910, anno in cui fu annessa dal Giappone e sotto il cui controllo rimase fino al 1945, quando statunitensi e sovietici la tolsero al controllo del Giappone.

    Come in Germania, anche in Corea si crearono uno stato filo-sovietico (la Corea del Nord) e uno filo-statunitense (la Corea del Sud) che – diversamente dai due stati tedeschi – entrarono presto in guerra, nel 1950. Questo conflitto rischiò di portare il mondo in una nuova guerra mondiale, dal momento che vide l’intervento dell’URSS e degli Stati Uniti uno contro l’altro.

    La guerra si concluse nel 1953 con un armistizio, ancora oggi in vigore. Fu creata una zona demilitarizzata, poco distante dal 38esimo parallelo, che divideva le due aree prima del conflitto. Di fatto, la guerra di Corea non ha trovato un vero accordo di pace, ma una semplice tregua, una sorta di interruzione che dura da oltre 60 anni nonostante abbia visto diversi momenti di tensione alta.

    In questi anni, le due Coree non hanno mai portato avanti una politica di reciproca distruzione, quanto di liberare il popolo che si trovava sotto il governo rivale. Nonostante ciò, non sono mancati atti di distensione, come la partecipazione ai mondiali di calcio under-20 del 1991 con un’unica squadra per i due paesi.

    I rapporti migliorarono molto tra il 1998 e il 2008, quando Seoul lanciò la cosiddetta Sunshine Policy. Questa politica estera di distensione verso Pyongyang ha portato alla creazione del parco industriale di Kaesong, situato in Corea del Nord ma aperto alle aziende del Sud, e a incontri tra le famiglie separate durante la guerra di Corea.

    La fine della Sunshine Policy, avvenuta nel 2008 con l’elezione di Lee Ryun-bak a presidente della Corea del Sud e la crisi coreana del 2013, ha causato un logoramento dei rapporti tra i due paesi.

    Le notizie provenienti dalla Corea del Nord non sono verificabili

    Il regime del paese è brutale, e non ha problemi a reprimere il dissenso violando i diritti umani. Verificare i fatti provenienti da Pyongyang è difficile, ma non è vero che è impossibile stabilirne sempre la veridicità.

    Sono girate negli anni numerose notizie in cui si riportava l’uccisione in maniera brutale di figure del regime per ragioni futili, come essersi addormentati durante una parata o un discorso di Kim. Per esempio, si è detto che lo zio del dittatore fosse stato fatto sbranare da decine di cani. Per quanto non sia facile trovare fonti attendibili, numerose agenzie di stampa – citando fonti sudcoreane – hanno smentito questa notizia.

    Non tutte le bufale però hanno toni cruenti come questa. Un’altra sosteneva che Kim Jong-un avesse obbligato gli studenti a portare i capelli come i suoi. Una falsa notizia basata probabilmente sul fatto che un paese come la Corea del Nord, nel suo vivere isolato dal resto del mondo e nell’avere un dittatore spregiudicato, possa prendere decisioni apparentemente insolite.

    Un altro tema, che crea molta ambiguità, riguarda i dati economici e sullo sviluppo. Secondo la CIA, la Corea del Nord sarebbe il 95esimo paese al mondo per PIL, mentre la Corea del Sud è 15esima. A questo va aggiunto che tra il 1994 e il 1998 il paese è stato colpito da una grave carestia che avrebbe causato tra i 200mila e i tre milioni di morti.

    Parallelamente a questi caratteristiche, tipiche di un paese povero, la Corea del Nord ha sviluppato un arsenale nucleare e nella capitale Pyongyang sono presenti infrastrutture paragonabili a quelle di alcune città occidentali, come una metropolitana composta da due linee e 16 fermate.

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