Il copilota della Germanwings, Andreas Lubitz, che il 24 marzo 2015 si schiantò sulle Alpi francesi, doveva essere ricoverato in una clinica psichiatrica due settimane prima della tragedia dove morirono 150 persone. Ma lui si rifiutò e la compagnia aerea non fu avvertita dai medici che avevano in cura l’uomo.
“Ci vorrebbero delle nuove regole e meno privacy”, in modo tale che i medici possano avvertire in maniera “confidenziale” le autorità e le compagnie aeree, in tutti quei casi in cui si ritenga che la salute mentale dei piloti potrebbe rappresentare una minaccia per la sicurezza pubblica.
Sono le conclusioni contenute nel rapporto finale stilato dagli inquirenti francesi e pubblicato il 13 marzo 2016, che cerca di fare luce sul tragico incidente. “Gli esperti hanno stabilito che i sintomi riscontrati nel paziente potevano essere compatibili con un episodio psicotico”, ha spiegato il capo dell’inchiesta Arnaud Desjardin.
Il giovane era stato in cura per depressione e aveva consultato decine di medici nelle settimane precedenti l’incidente, ma l’informazione “non fu rivelata alla Germanwings” e quindi “nessuna azione poteva essere presa dalle autorità o dal datore di lavoro per impedirgli di volare”.
Il rapporto, invece, non suggerisce alcuna modifica alle regole sulla sicurezza nella cabina di pilotaggio. Lubitz riuscì a chiudersi all’interno grazie al sistema di bloccaggio automatico, ideato appositamente al fine di proteggere i piloti da eventuali dirottatori.
“È impossibile trovare un modo per prevenire le minacce sia dall’interno che dall’esterno”, ha precisato Desjardin. Attualmente molte compagnie aeree impongono la presenza obbligatoria di almeno due persone in cabina di pilotaggio.
Le autorità di Parigi hanno aperto un’altra indagine per omicidio colposo.
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