Ennesimo gravissimo episodio in Siria dove un convoglio di aiuti umanitari è stato colpito nei pressi della città di Aleppo uccidendo 12 persone.
Le Nazioni Unite hanno confermato che il convoglio è stato colpito nei pressi di Urm al-Kubra senza fornire ulteriori dettagli circa le forze che lo hanno attaccato e le vittime.
Ma il sottosegretario per gli Affari umanitari dell’Onu Stephen O’Brien ha dichiarato che se l’attacco è stato deliberato sarebbe un crimine di guerra.
Intanto, un portavoce delle Nazioni Unite ha reso noto che 18 dei 31 camion del convoglio sono stati colpiti e che gli aiuti erano destinati a circa 78mila persone nell’area rurale di Aleppo.
Si sarebbe trattato, secondo gli attivisti, di un raid aereo, lanciato poche ore dopo che l’esercito siriano aveva dichiarato il fallimento della tregua sponsorizzata da Stati Uniti e Russia.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, gli autori dell’attacco non possono che essere i jet dell’aeronautica di Damasco o di quella russa.
Ma il ministero della Difesa russo ha detto che né la sua aeronautica né quella di Damasco sono coinvolte, aggiungendo che le informazioni circa gli spostamenti del convoglio erano in possesso unicamente dei miliziani che controllano quelle aree.
Washington si è infatti detta indignata per l’episodio e ha dichiarato che riconsidererà attentamente le future prospettive di collaborazione con Mosca.
Il portavoce del dipartimento di Stato americano John Kirby ha inoltre dichiarato che la destinazioni del convoglio era nota sia al regime siriano che al governo della Federazione russa, “eppure degli operatori umanitari sono morti nel tentativo di alleviare le sofferenze del popolo siriano”.
Il gruppo di monitoraggio ha confermato che tra le vittime ci sono i volontari e gli autisti della Syrian Arab Red Crescent (Sarc), incaricati di consegnare gli aiuti.
Un testimone oculare ha riferito all’agenzia di stampa Reuters che almeno cinque missili hanno colpito i camion parcheggiati in un centro della Sarc.
L’attacco sembra un segno evidente del fatto che il tentativo di Stati Uniti e Russia di collaborare per fermare la violenza in Siria sia arrivato al capolinea, impressione confermata da un funzionario americano che, chiedendo di non essere citato, ha riferito che ormai potrebbe non esserci più nulla da salvare dell’accordo stretto tra Washington e Mosca.
Dopo l’annuncio da parte di Damasco che il cessate il fuoco era finito, gli attivisti hanno riferito che Aleppo e le aree circostanti erano tornate sotto il fuoco delle forze governative e un corrispondente dell’agenzia di stampa Afp ha confermato che la città era sottoposta a un bombardamento continuo.
Nel corso dei sette giorni di tregua entrati in vigore al tramonto del 12 settembre, le forze governative e ribelli si sono scambiate molteplici accuse di violazioni.
A questo punto, Stati Uniti e Russia tenteranno nuovamente di scendere a patti a margine degli incontri previsti a New York in occasione dell’annuale Assemblea generale dell’Onu.
La consegna di aiuti umanitari alle aree sotto assedio era un punto chiave dell’accordo russo-americano ma da subito è parso evidente che fosse problematico.
Alcuni aiuti sono stati consegnati, ma molti convogli sono rimasti bloccati per giorni e non hanno raggiunto le aree designate, a causa dei combattimenti, delle precarie condizioni di sicurezza e di ritardi amministrativi nella consegna dei permessi da parte di Damasco.
Tuttavia, la tregua che aveva largamente tenuto ha subito il colpo più duro quando la coalizione guidata dagli Stati Uniti contro l’Isis ha colpito per errore le truppe siriane nei pressi dell’aeroporto di Deir ez-Zor.
Secondo Damasco l’incursione americana ha ucciso 60 soldati e il presidente Bashar al-Assad ha usato parole dure.
Secondo Assad l’attacco è stato intenzionale e rappresenta la prova della collaborazione tra l’Isis e gli Stati Uniti contro l’esercito siriano.
Dopo la dichiarazione da parte delle forze di Damasco che la tregua era finita e la ripresa delle ostilità, il segretario di Stato americano John Kerry ha invitato Mosca a fare pressioni sugli alleati del regime siriano affinché interrompessero i bombardamenti, affermando che siccome l’accordo è stato stretto tra Washington e Mosca, Damasco non è nella posizione di dichiararne il fallimento.
L’accordo prevedeva infatti sette giorni di cessazione delle ostilità per provare la buona fede di entrambe le parti e preparare il terreno a una collaborazione tra Stati Uniti e Russia contro i gruppi terroristi.
Allo stato attuale, appare molto difficile che l’accordo possa avere un seguito.
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