La National Rifle Association (NRA), una delle lobby più potenti negli Stati Uniti, è pronta a ostacolare il dibattito che si terrà da oggi fino al 28 marzo all’ONU sul trattato sul commercio delle armi (ATT), che si teme possa ledere le prerogative del secondo emendamento americano sul diritto di possesso di armi. Lo scopo principale del trattato è di prevenire, combattere e sradicare il commercio illegale di armi convenzionali e il loro dirottamento verso il mercato nero. Il business è accusato di essere la principale fonte di armi illegali che alimentano conflitti in tutto il mondo.
Il trattato si applicherebbe alle armi di piccolo calibro, ma anche a carri armati, artiglieria, navi da guerra, aerei da combattimento e missili. I negoziati, sospesi otto mesi fa, sono stati condannati dalla NRA e di altri gruppi civili negli Stati Uniti, per lo più a destra dello spettro politico, che temono la creazione di una banca dati internazionale dei possessori di armi.
“Ciò che non vogliamo è l’inserimento della categoria delle armi da fuoco civili nel campo di applicazione del trattato”, ha detto Tom Mason, segretario esecutivo dell’NRA e suo rappresentante alle Nazioni Unite per quasi due decenni. L’obiettivo della lobby delle armi è quello di distinguere ciò che è un’arma da fuoco civile dalle armi da guerra che portano a violazioni dei diritti umani.
La presidente di Amnesty International USA, Michelle Ringuette, ha detto che non vi è alcuna differenza tra armi civili e armi da guerra. Una tale distinzione renderebbe il trattato inoperante.
I rappresentanti dei 193 stati membri delle Nazioni Unite erano stati sul punto di portare a termine un progetto definitivo del trattato lo scorso luglio dopo quattro settimane di colloqui a New York. In quel frangente l’amministrazione Obama era stata accusata da gruppi come Oxfam e Amnesty International di subire la pressioni della NRA.
I sostenitori la considerano la più importante iniziativa delle Nazioni Unite sulla volontà di regolamentare il commercio di armi. Il trattato imporrebbe agli Stati membri di controllare il commercio transfrontaliero di tali armi e stabilire un sistema universalmente accettato di controllo dei precedenti dei beneficiari. Le associazioni per i diritti umani sostengono che almeno 2.000 persone al giorno muoiano a causa di violenze connesse al commercio illegale di armi.