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    Commercializziamo la marijuana

    Un mercato da 75 mld di euro e 10 mil di clienti. Tanto varrebbe la creazione del primo brand di marijuana. Parola di due esperti

    Di Marco Dalla Stella
    Pubblicato il 10 Mar. 2014 alle 00:47 Aggiornato il 12 Set. 2019 alle 09:02

    Non solo la legalizzazione, ma la commercializzazione della marijuana su vasta scala potrebbe presto diventare realtà.

    Così almeno la pensa Jamen Shively, ex manager della Microsoft, che ha presentato al quarantesimo piano del Columbia Center di Seattle il suo progetto imprenditoriale di creazione della prima marca di cannabis d’alta qualità “in una maniera simile a quanto avviene con il buon cognac, il buon brandy o un buon sigaro”, ha dichiarato a Kiro-TV.

    L’azienda (che ha già un proprio sito web) si chiamerà come il bisnonno di Jamen, Diego Pellicer, il quale sarebbe stato il più grande produttore di marijuana del XIX secolo (“Ho la marijuana nel sangue”, ha detto Jamen).

    Quello che intende essere il primo brand di droghe leggere al mondo potrebbe garantire all’ex impiegato dell’azienda di Richmond una posizione pressoché monopolistica in un mercato da oltre 75 miliardi di euro e che potrebbe contare su oltre 10 milioni di clienti potenziali.

    Shiveley prevede di poter assumere 1.000 persone solo nei primi 5 anni di attività, che diverranno “decine di migliaia” nei cinque anni seguenti.

    Ulteriori dettagli (come la quantità di investitori, le risorse finanziarie a disposizione e il quadro normativo dell’operazione) non sono stati resi noti, ma a quanto pare la Diego Pellicer Inc. necessiterà di investimenti per 7,5 milioni di euro per poter procedere all’avvio di una catena di negozi di marijuana al dettaglio negli stati di Washington e Colorado.

    Per fare ciò ha già provveduto ad avviare le acquisizioni di numerosi centri di vendita di marijuana a scopo medico.

    L’ambizione è quella di potersi presto espandere nel resto degli Stati Uniti e, soprattutto, oltre i confini nazionali. Al giornale Seattle Times l’ex manager ha dichiarato infatti che una commercializzazione delle droghe leggere negli Stati Uniti aprirebbe le porte a una sua importazione dal Messico.

    Non è un caso se alla destra di un entusiasta Jamen e di fronte a una sala gremita di giornalisti sedeva Vicente Fox, l’ex presidente del Messico (appartenente al PAN, un partito di destra conservatrice) che con l’elezione del 2000 riuscì a porre fine all’egemonia del PRI durata ben sessant’anni.

    Fox negli ultimi mesi ha notevolmente incrementato i suoi sforzi per la legalizzazione della marijuana nel proprio Paese, comparendo spesso in televisione e organizzando eventi informativi. Come quello che ospiterà il suo ranch personale nel mese di luglio, quando in una serie di incontri aperti al pubblico verranno approfonditi gli effetti, definiti controproducenti, del proibizionismo. In particolare verranno analizzate le sue conseguenze nelle attività criminali organizzate. Un problema, questo, molto sentito in Messico.

    Secondo l’ex mandatario messicano, la legalizzazione delle droghe leggere è l’unica via per far uscire il Messico dalla spirale di violenza che ha causato dal 2006 (l’anno di inizio della lucha al narcotráfico): almeno 28.000 morti e perdite economiche per 29 miliardi di euro. “La lotta al narcotraffico è definitivamente persa”, ha dichiarato.

    “È giunta l’ora di un nuovo inizio, di una nuova visione. Ecco perché elogio questo gruppo. […] Sono venuto qui convinto della necessità di un cambiamento e di nuove strade che vadano verso nuove direzioni”, sono le parole del politico messicano in apertura di conferenza.

    Quando un giornalista poi gli chiese se produrrebbe personalmente marijuana all’interno del suo ranch, non ha dubbi: “Quando sarà legale, certamente. Sono un agricoltore e quando questa industria verrà approvata potrò farlo, così come qualsiasi altro produttore”. Fox spera che la sua presenza a Seattle servirà da impulso per aprire un serio dibattito al riguardo nel suo Paese.

    Nonostante le ritrosie della Casa Bianca, a novembre dell’anno scorso un referendum popolare ha legalizzato la marijuana per scopi ricreativi negli stati di Colorado e Washington, mentre sono attualmente in corso di discussione le norme che permetteranno una sua commercializzazione (e la tassazione).

    Oltre a questi due, in sette altri stati degli Stati Uniti è stato depenalizzato l’uso personale mentre diciassette hanno legalizzato o depenalizzato il suo uso per scopi medici.

    Un recente sondaggio elaborato da Pew Reseach ha rivelato che il 53 per cento degli statunitensi sono favorevoli alla legalizzazione della marijuana mentre il 45 ne sarebbe contrario.

    Un altro studio dell’Istituto Cato (di orientamento conservatore) ha rivelato che una legalizzazione totale della marijuana potrebbe portare nelle casse del fisco un totale di 8miliardi e 530 milioni di euro annui.

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