La perdita di posti di lavoro dovuta alla crisi economica, ma anche la possibilità che gradualmente molto del lavoro venga svolto da robot e macchine automatiche, hanno portato diversi economisti e movimenti a formulare l’ipotesi di un reddito universale di cittadinanza.
Un’idea che affonda le proprie radici negli anni Sessanta, quando l’economista statunitense Milton Friedman propose un’imposta in grado di poter garantire un reddito base per gli americani disoccupati e meno abbienti.
L’obiettivo del reddito di cittadinanza è che ciascun cittadino – e in questo è diversa dal reddito minimo garantito e dal sussidio di disoccupazione – sia esso ricco o povero debba avere diritto a un piccolo stipendio da parte dello stato per poter così combattere la povertà.
Questa misura è fortemente criticata da diversi economisti che la vedono come un modo per favorire atteggiamenti parassitari e disincentivare il lavoro, fatto per cui attuare correttamente il reddito di cittadinanza significherebbe trovare una difficile quadra tra uno stipendio che non sia eccessivamente alto ma al tempo stesso permetta ai cittadini di non vivere in povertà.
Ad oggi il reddito di cittadinanza è in fase sperimentale in Finlandia, è stato respinto da un referendum in Svizzera, e ha molti estimatori in giro per il mondo, Italia compresa, dove il Movimento Cinque Stelle ne ha fatto una colonna portante del proprio programma.
Una misura di questo tipo è stata presa anche dal governo dell’Iran nel 2011, anno in cui furono tagliati i sussidi verso il petrolio e il gas da parte dello stato. In quell’anno il governo decise di assegnare 480 dollari (40 al mese) l’anno per ogni persona, con i soldi ricavati dal taglio sugli altri sussidi.
Nel 2017, a sei anni di distanza dall’inizio di questo esperimento, due economisti iraniani, Djavad Salehi-Isfahani e Mohammad H. Mostafavi-Dehzooeifrom, hanno pubblicato una ricerca su come stia funzionando questa misura.
Secondo i due accademici, non esistono evidenze che dimostrino che il reddito di cittadinanza favorisca atteggiamenti parassitari e scoraggi dal voler trovare lavoro. Anzi, nel settore dei servizi, ci sarebbe stato esattamente l’effetto opposto.
Questo discorso tuttavia sembra meno valido per i giovani intorno ai 20 anni, tra cui ci sarebbe maggiore disoccupazione, ma è anche vero, secondo i due ricercatori, che mai prima d’ora in Iran c’era stato un simile numero di occupati in quella fascia d’età.
La misura si è rivelata dunque una misura molto costosa: la spesa dello stato per questo reddito di cittadinanza ha superato quella dei sussidi per gli idrocarburi. Ma secondo gli studiosi che hanno svolto la ricerca i timori di molti economisti relativi allo scoraggiare i cittadini dal voler lavorare sarebbero infondati.
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