A chi non è mai stata fatta almeno una volta la domanda: “Che cosa vuoi fare nella vita?”. E a quanti, negli anni, questa domanda non ha fatto altro che trasmettere ansia?
Emilie Wapnick, artista e scrittrice statunitense, lo ha chiesto al pubblico durante la sua Ted conference. Quando glielo hanno chiesto nel corso della sua vita, il problema – raccont – non era che non avesse particolari interessi, ma che ne avesse più di uno.
Durante il liceo, Wapnick adorava l’inglese e la matematica, programmava siti internet e suonava la chitarra in una band punk.
Con il passare del tempo, la scrittrice ha sviluppato altri interessi, che ha voluto approfondire fino a quando questa o quella attività non risultava troppo noiosa da portare avanti. E così cambiava, e passava a qualcosa di nuovo.
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Wapnick pensò che il problema non fosse la noia, ma lei stessa. Forse il non riuscire a portare avanti una stessa cosa, senza dover subito cambiare per iniziarne una completamente nuova, era sbagliato.
La ragazza si chiese se non avesse paura del compromesso, se si stesse autosabotando e se non avrebbe mai raggiunto il successo.
Comprendere chi vogliamo diventare da adulti è un processo complicato. Il problema è che sin da quando siamo bambini ci viene chiesto che cosa vogliamo essere da grandi.
La risposta possibile è solamente una: un lavoro specifico. Difficilmente ammettiamo di volerci occupare di diverse attività in contemporanea nella nostra vita, ma siamo costretti a doverne scegliere una sola.
Crediamo di avere un destino, una missione da adempiere nella vita, una professione che ci rappresenta e che dobbiamo riuscire a svolgere a tutti i costi. Una sola cosa alla quale dedicare tutta la nostra vita. Non è cosi. Ecco perché:
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