Amnesty International Italia, Human Rights Watch e Dignity, in collaborazione con le due ong egiziane Committee for Justice e Commissione Egiziana per i diritti e le libertà, si sono riunite per presentare una serie di raccomandazioni alla comunità internazionale ed alle autorità nazionali egiziane affinché si ponga fine alle violazioni dei diritti umani in Egitto.
E proprio sull’Egitto oggi sono puntati gli occhi dell’attenzione pubblica, nazionale e internazionale: avrà luogo oggi infatti la prima udienza in cui sono imputati i quattro militari egiziani accusati del sequestro, delle torture e dell’omicidio di Giulio Regeni, il ricercatore italiano ammazzato al Cairo nel febbraio del 2016. Per la prima volta, in Europa, verrà processato un sistema di Governo e di potere al centro di denunce violentissime per la mancata tutela dei diritti umani.
Secondo quanto riportato nel rapporto di Amnesty “Finirà solo quando morirai”, l’operato della National Security Agency (NSA) egiziana, che si occupa di casi di minaccia alla sicurezza nazionale, diffusione di notizie false, sovversione, incitamento a manifestazione illegale e propaganda per il terrorismo, ha portato alla costituzione di un “sistema di terrore” che cerca di ridurre al silenzio tutti coloro che si occupano di difendere i diritti umani.
Il report raccoglie le testimonianze di 26 attivisti e attiviste che tra il 2020 e il 2021 hanno subito minacce, convocazioni illecite, interrogatori violenti e disumani, nonché misure cautelari sproporzionate da parte della Procura suprema per la sicurezza dello stato. Le autorità egiziane abusano dei propri poteri, negando i diritti umani e le libertà fondamentali in un clima di impunità pressoché totale. A ciò si aggiunge la completa impossibilità di accedere a rimedi legali volti a contrastare le misure arbitrarie e a richiedere forme di risarcimento, lasciando così le vittime prive di giustizia, violando le obbligazioni di rispetto dei diritti umani assunte dall’Egitto di fronte alla comunità internazionale.
Secondo il rapporto di Dignity, “Torture in Egypt systemic and systematic”, redatto in cooperazione con le Ong egiziane la Commissione egiziana per i diritti e le libertà (Ecfr) e il Comitato per la giustizia (Cfj), l’utilizzo della tortura in Egitto non solo costituisce una pratica sistematica ma è una pratica resa possibile dai collegamenti sistemici e da elementi di continuità all’interno dei vari contesti istituzionali.
“L’uso sistematico della tortura in Egitto ci spinge a definire la responsabilità diretta di un ampio numero di rappresentanti del sistema penale egiziano”, ha detto Giorgio Caracciolo, responsabile della regione Mena per Dignity. “È necessario che la ricerca della responsabilità penale non si fermi solo a chi la tortura la pratica o la ordina, ma includa anche chi la rende possibile”.
Il rapporto “‘Security Forces Dealt with Them’: Suspicious Killings and Extrajudicial Executions by Egyptian Security Forces” di Human Rights Watch rivela che le forze di sicurezza egiziane commettono esecuzioni extragiudiziali ai danni di sospetti ricercati per terrorismo durante scontri a fuoco. Solo tra gennaio 2015 e dicembre 2020, il ministero dell’Interno egiziano ha annunciato la morte di almeno 755 persone avvenute in 143 sparatorie asseritamente provocate dalle vittime stesse, che avrebbero aperto il fuoco costringendo le forze di sicurezza a rispondere.
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