Quando Blanca Nohemi Arcos e Doris Iles sentirono il rombo di un aereo passare sopra il loro campo, capirono di aver perso tutto. Il diserbante chimico rilasciato dall’alto agì subito. Nel giro di pochi giorni, tutte le piante del loro terreno si seccarono e morirono.
Nohemi e Iles facevano parte di una cooperativa agricola di donne, creata nella cittadina colombiana di Villagarzón, nella regione di Putamayo. Grazie a un prestito, la loro cooperativa aveva acquistato un piccolo appezzamento di terra per coltivare ananas.
Il progetto serviva a creare un’alternativa alla coltivazione della coca. Con coraggio, le donne volevano dimostrare che si poteva sopravvivere senza cedere ai ricatti del mercato del narcotraffico.
Avevano appena iniziato a ripagare il debito con la banca quando il loro terreno fu completamente distrutto. Moltissimi contadini come Nohemi e Iles hanno perso i loro raccolti a causa del programma governativo di eradicazione delle piante di coca.
La Colombia è l’unico Paese al mondo in cui sono state autorizzate le fumigazioni aeree di glifosato sulla coca. Impiegate già da metà degli anni Novanta, si intensificarono a partire dal 2000, quando gli Stati Uniti approvano il Plan Colombia, accordo bilaterale che prevedeva una strategia per risolvere il conflitto civile colombiano e lottare contro il narcotraffico.
Oltre a fornire il diserbante e aerei agricoli, gli Stati Uniti hanno contribuito anche contrattando piloti statunitensi. Solo per il programma di eradicazione della coca, sono stati spesi oltre due miliardi di dollari.
Il 14 maggio scorso, il ministro della Salute colombiano ha però dichiarato che sospenderà le fumigazioni. Uno studio dello Iarc, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro che fa parte dell’organizzazione mondiale della sanità, ha classificato il glifosato – principio attivo del round-up, il diserbante utilizzato in Colombia – tra le sostanze “probabilmente cancerogene”.
La notizia, però, arriva tardi. Negli ultimi vent’anni il round-up è stato distribuito su circa quattro milioni di ettari di terreno in Colombia. In media, venivano spruzzati 3.8 litri di diserbante su ogni ettaro. Per renderlo ancora più distruttivo, il round-up è stato mischiato con l’additivo Cosmo-Flux 411F, in una dose cinque volte superiore a quella raccomandata.
Il suo utilizzo è stato criticato da numerose associazioni ambientaliste e per i diritti umani, che hanno denunciato l’uso indiscriminato su coltivazioni legali, l’inquinamento delle falde acquifere, e i danni alla salute.
I contadini colombiani che vivevano nelle aree soggette alle fumigazioni si sono lamentati di irritazione alla pelle, problemi respiratori e un aumento del numero di aborti spontanei.
Secondo il governo colombiano, questi casi non sono mai stati accertati, ma di fronte all’ultimo studio dello Iarc il ministro della Salute ha deciso di adottare misure preventive.
Il diserbante è prodotto dalla Monsanto, multinazionale di biotecnologie agrarie spesso criticata dai movimenti ambientalisti, già coinvolta nello scandalo per la produzione dell’agente arancio (usato dall’esercito statunitense durante la guerra in Vietnam).
L’azienda ha dismesso lo studio apparso sulla rivista scientifica britannica Lancet come pura “spazzatura”. Anche gli Stati Uniti hanno invitato la Colombia a “guardare meglio le prove scientifiche”, sostenendo che il glifosato non sia pericoloso per l’uomo.
Al di là dei danni alla salute, le fumigazioni sono state criticate per il forte impatto sociale, dal momento che colpiscono soprattutto i contadini più poveri, costretti a coltivare coca semplicemente perché si tratta dell’unica coltura sufficientemente redditizia.
Quando una piantagione viene distrutta, i grandi produttori e narcotrafficanti si limitano a spostarsi altrove. I contadini, ulteriormente impoveriti, si ritrovano invece a perdere l’unica fonte di reddito e di sostentamento. Con le fumigazioni, infatti, perdono anche le coltivazioni di ortaggi vicine alle piante di coca.
Il governo colombiano aveva promesso pacchetti di salvataggio inclusivi di cibo d’emergenza e finanziamenti per creare progetti agricoli alternativi. Gli aiuti, però, non sono mai arrivati, o sono stati consegnati con gravi ritardi.
Il più grande risarcimento è stato concesso non ai contadini colombiani, ma all’Ecuador: nel settembre 2013 il governo colombiano ha dovuto pagare 15 milioni di dollari, perché il diserbante spruzzato nei campi al confine aveva distrutto anche alcune piantagioni ecuadoregne.
Le fumigazioni sono state criticate anche per la loro scarsa efficacia nella lotta al narcotraffico. La produzione e il traffico di cocaina, infatti, non sono affatto diminuiti.
Secondo l’ultimo rapporto della Casa Bianca, nel 2014 l’estensione di terra adibita alla coltivazione della coca in Colombia è aumentata del 39 per cento rispetto all’anno precedente: 112mila ettari di terreno utilizzati, per produrre 245 tonnellate di cocaina.
La Colombia è uno dei più grandi produttori di cocaina al mondo. I traffici di droga sono causa e conseguenza di una prolungata guerra civile.
Da oltre cinquant’anni, il Paese è dilaniato dagli scontri tra i ribelli delle Farc, l’esercito e i paramilitari. La cocaina è servita a finanziare gruppi armati sia di destra che di sinistra, e le lotte per il controllo delle vie delle droghe non hanno fatto che acuire il conflitto.
Gli scontri inoltre hanno reso impossibile l’eradicazione manuale della coca, strategia utilizzata in Perù e Bolivia.
I negoziati di pace con i ribelli delle Farc, iniziati nel 2012 a Cuba, aprono però nuove possibilità su questo fronte. Uno dei punti discussi riguarda la lotta al narcotraffico e i militanti avrebbero accettato di collaborare con il governo nell’eradicazione manuale della coca.
Ma come ha detto al The Guardian German Martinez, funzionario pubblico della cittadina colombiana di Puerto Asis che si trova in una delle regioni interessate dalle fumigazioni, “se non si interviene sui problemi sociali, i contadini continueranno con le coltivazioni illegali. Non dovremo sradicare la coca, dovremo sradicare la povertà”.