I colloqui di pace previsti lunedì 18 aprile in Kuwait per porre
fine a più di un anno di guerra in Yemen tra i ribelli Houti e l’Arabia Saudita
sono stati rimandati a causa delle ripetute violazioni della tregue.
Da quando era stato annunciato
il cessate il fuoco, i combattimenti sarebbero continuati. Lunedì 11
aprile i ribelli hanno accusato la coalizione a guida araba di aver bombardato
la città di Taiz, nel sudest del paese. Scontri armati sarebbero scoppiati
anche nelle periferie della capitale Sanaa.
“È inutile andare in Kuwait a discutere se non viene rispettato il
cessate il fuoco”, ha accusato un ufficiale del partito dell’ex-presidente
Abdullah Saleh, appoggiato dagli Houti e principale avversario dei sauditi.
“I rappresentanti di Saleh e degli Houti stanno cercando scuse per
giustificare il loro ritardo per sedersi al tavolo delle trattative”, ha
risposto alle polemiche un diplomatico saudita.
L’Arabia Saudita e altri paesi del Golfo hanno iniziato la
campagna militare nel marzo del 2015, dopo che i ribelli Houti e i militari
leali a Saleh avevano esiliato il governo yemenita.
L’anarchia nel paese, inoltre, ha permesso ad al Qaeda nella
penisola araba di conquistare ampie zone del territorio yemenita nella
provincia meridionale di Abyan, aprendo la strada a una radicalizzazione del
paese.
Il conflitto ha finora causato oltre seimila vittime, la metà
delle quali civili, e costretto milioni di yemeniti ad abbandonare le proprie
case. La situazione umanitaria è aggravata dal rischio reale di carestia,
mentre le strutture e i servizi essenziali sono sull’orlo del collasso.
Un precedente tentativo di pace a dicembre promosso dalle Nazioni
Unite era fallito.