Sono cominciati lunedì 23 gennaio 2017 i colloqui di pace sulla Siria promossi da Russia, Iran e Turchia ad Astana, capitale del Kazakistan.
Chi partecipa ai colloqui di Astana e chi no
A farsi promotori dei nuovi colloqui di pace sono Mosca e Teheran, che sostengono il presidente Bashar al-Assad, e Ankara, che supporta i ribelli.
La delegazione governativa è guidata da Bashar al-Jaafari, rappresentante permanente della Repubblica araba siriana presso le Nazioni Unite.
Per la prima volta, partecipano ai colloqui di pace i rappresentanti delle principali fazioni ribelli armate, in parte perché sollecitate dalla Turchia che le sostiene attivamente.
Uno dei maggiori gruppi islamisti, Ahrar al-Sham, ha deciso invece di non inviare delegati a causa dell’opposizione della sua frangia più irriducibile.
Partecipa anche l’inviato speciale dell’Onu per la Siria Staffan de Mistura, mentre l’ambasciatore degli Stati Uniti in Kazakistan è stato invitato in qualità di osservatore, nonostante l’opposizione dell’Iran.
Sono invece esclusi i curdi e le Forze democratiche siriane, un gruppo armato multietnico e multiconfessionale.
Si teme inoltre che l’Alto comitato negoziale, che rappresenta l’opposizione politica ai colloqui di pace di Ginevra, sia marginalizzato a favore degli interlocutori militari.
In ultimo, non sono stati coinvolti né l’Arabia Saudita né gli altri paesi del Golfo, che sostengono i ribelli contro Assad.
Gli obiettivi dei colloqui di Astana
I negoziati, che si concluderanno martedì 24 gennaio, si concentreranno sul rafforzamento del cessate il fuoco su scala nazionale promosso da Russia e Turchia ed entrato in vigore il 30 dicembre 2016, dopo la caduta di Aleppo.
La fragile tregua, dalla quale sono esclusi l’Isis e altri gruppi estremisti come Jabhat Fateh al-Sham (ex Fronte al-Nusra) ha finora retto anche se violenze e scontri si sono verificati in diverse parti del paese.
Non si terranno colloqui diretti tra la delegazione di Damasco e quella dell’opposizione e, probabilmente, ulteriori negoziati saranno rimandati al tavolo diplomatico di Ginevra mediato dall’Onu, l’8 febbraio.
Nonostante la nuova, precedentemente impensabile, convergenza di vedute tra Mosca e Ankara, gli osservatori restano cauti sulla tenuta della loro alleanza nel momento in cui andranno affrontati nodi cruciali come il ruolo del presidente Assad nel processo di transizione politica.
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