Almeno 56 civili sono stati uccisi in un attacco aereo nei pressi di Manbij nel nord della Siria. Secondo l’Osservatorio per i diritti umani con sede in Gran Bretagna, l’attacco sarebbe stato condotto dall’aviazione statunitense. Tra le vittime ci sarebbero 11 bambini. Altre decine di persone sono rimaste ferite.
La Syria Democratic Forces, un’alleanza di combattenti curdi e arabi sostenuta dagli Stati Uniti, aveva lanciato un’offensiva alla fine di maggio per riconquistare i territori di Manbij sotto il controllo del sedicente Stato islamico al confine con la Turchia.
Ieri, 18 luglio, altri 21 civili erano rimasti uccisi in un raid nella stessa città, nel quartiere di Hazawneh.
Secondo l’Osservatorio almeno 104 civili sarebbero morti negli attacchi aerei dall’inizio dell’offensiva di Manbij.
Il colonnello Chris Garver, un portavoce della coalizione statunitense contro lo Stato islamico in Siria e in Iraq, ha detto che ha esaminato i rapporti sulle morti di civili, ma ha sottolineato come le forze statunitensi siano state “straordinariamente attente ad assicurarsi che gli attacchi aerei fossero condotti soltanto contro i combattenti dell’Isis”.
L’Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, Zeid Ra’ad Al Hussein, ha recentemente espresso preoccupazione per i circa 70.000 civili che si ritiene siano bloccati tra i gruppi che combattono a Manbij.
“La città è rimasta senza elettricità né acqua e le strutture mediche non sono operative”, ha detto Zeid Ra’ad Al Hussein.
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