La Cina ha rilasciato Peter Dahlin, svedese cofondatore del Chinese Urgent Action Working Group, un’organizzazione di tutela dei diritti umani, che era stato arrestato nel gennaio 2016 perché sospettato di azioni pericolose per la sicurezza nazionale.
Lo ha annunciato il 26 gennaio il ministro degli esteri della Repubblica popolare cinese. Insieme a Dahlin era stata arrestata anche la sua fidanzata, Pan Jinling, e anche lei è stata rilasciata.
“Dahlin non è stato rilasciato ma espulso”, ha specificato un portavoce del ministero degli esteri cinese. “Durante l’interrogatorio sui suoi sospetti crimini ha confessato”, ha aggiunto. I sostenitori di Dahlin sostengono però che la confessione dell’attivista, trasmessa dalla televisione di stato cinese, la Cctv, sembrava essere fatta sotto costrizione.
Molti governi occidentali e i gruppi di attivisti per i diritti umani hanno criticato l’uso delle confessioni in televisione, a cui il governo cinese sta ricorrendo frequentemente nelle ultime settimane, perché sono contro il giusto processo e i diritti dell’accusato.
Il ministro degli esteri svedese, che ha annunciato la liberazione dell’attivista, ha espresso intanto la sua preoccupazione per un altro cittadino naturalizzato svedese di cui si è molto parlato sia in Cina che all’estero tra la fine del 2015 e l’inizio 2016, Gui Minhai, un libraio-editore che viveva a Hong Kong scomparso nell’ottobre del 2015 mentre era in vacanza in Thailandia.
Minhai era poi riapparso nel mese di gennaio in un videomessaggio della tv di stato cinese in cui diceva di essersi consegnato volontariamente alle autorità per scontare una condanna di più di dieci anni fa per guida in stato di ebbrezza.
Il caso di Gui Minhai e la scomparsa di altri librai fanno temere che la Repubblica popolare stia mettendo in atto tattiche per erodere la formula “un paese, due sistemi” con la quale Hong Kong, ex colonia britannica, è stata governata dal suo ritorno sotto la sovranità cinese nel 1997.
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