L’Assemblea Nazionale del Popolo, l’organo legislativo del Parlamento cinese, ha approvato la legge sulla sicurezza nazionale per Hong Kong. In questo modo, diventa un reato minare l’autorità di Pechino. La proposta di legge è stata approvata al termine della sessione annuale dell’Anp: il testo è ora nelle mani di una commissione legale dell’organo legislativo cinese, incaricata di scrivere una versione definitiva che deve essere ratificata dal comitato permanente. Nelle ultime votazioni della sessione finale, l’assemblea ha approvato anche il primo Codice civile della Repubblica popolare.
La decisione di adottare una legge per la sicurezza nazionale a Hong Kong è “un’azione importante” intrapresa dall’Assemblea Nazionale del Popolo (Anp), organo legislativo del Parlamento cinese, ed è “in linea con gli interessi fondamentali delle persone in Cina e a Hong Kong”, ha dichiarato il presidente della Anp, Li Zhanshu, nel corso della cerimonia di chiusura dei lavori dell’Anp di quest’anno. “La nuova legge”, ha aggiunto, “permetterà che il modello ‘un Paese, due sistemi’ di proseguire stabilmente”.
Nei giorni scorsi, la polizia di Hong Kong ha arrestato almeno 180 manifestanti e sparato gas lacrimogeni contro chi si era riunito per protestare contro la nuova legge sulla sicurezza voluta da Pechino. La legge è accusata di infliggere un colpo letale all’autonomia dell’ex colonia ed è da tempo un punto di frizione tra i cittadini di Hong Kong e il governo centrale. La Basic Law, la mini costituzione della città che dal 1997 ne regola i rapporti con la Cina, prevede che il governo locale “adotti leggi che proibiscano atti di tradimento, secessione, sedizione o sovversione contro il governo centrale” e che proibiscano attività di organizzazioni politiche straniere sul territorio della provincia autonoma.
La legge è stata denunciata anche a livello internazionale, poiché l’obiettivo è quello di limitare molte delle libertà politiche fondamentali e delle libertà civili promesse alla città nel 1997, quando è passata dal dominio britannico a quello cinese. Come spiegava Francesca Ghiretti sempre da queste colonne, l’approvazione della legge sarebbe stata di competenza del governo di Hong Kong, tuttavia Pechino, spazientita dalla lunga attesa e dagli innumerevoli ostacoli che permanevano all’emanazione di essa, ha colto al balzo l’occasione e ha così preso le redini della questione introducendo la legge nell’ordine del giorno dell’Assemblea Nazionale del Popolo, come d’abitudine la scelta della parole lascia ampio spazio all’interpretazione e permette a Pechino di sostenere che non vi sarà alcun cambiamento nelle libertà dei cittadini o nell’indipendenza giudiziaria di Hong Kong.
“Se dovesse passare questa legge, c’è il rischio che io finisca in un carcere cinese e che venga silenziato e imbavagliato per sempre. La mia vita a rischio? Sì, potrei dover scontare una pena per più di 10 anni”, spiegava – solo pochi giorni fa – in un’ intervista-video esclusiva rilasciata al direttore Giulio Gambino il leader del Movimento Demosisto Joshua Wong.
“Chiedo al parlamento italiano di prendere una posizione chiara in merito, e che il governo riduca fortemente la cooperazione commerciale con la Cina. La minaccia di sanzioni USA non basta, serve l’intera comunità internazionale. Ma non illudetevi, non è finita qui: oggi Hong Kong, domani Taiwan, che ora inizia a sgomitare per uscire dalla morsa di Xi Jinping”, aggiungeva Wong.
A conferma che l’aria sia cambiata anche le parole del segretario di stato americano Mike Pompeo, che ha annunciato la decisione di non considerare più Hong Kong un hub autonomo per scopi commerciali ed economici rispetto al resto della Cina. In una dichiarazione, Pompeo ha bollato la decisione di Pechino come “l’ultima di una serie di azioni che minano fondamentalmente l’autonomia e le libertà di Hong Kong. Dopo un attento studio sui possibili sviluppi, ho annunciato al Congresso che Hong Kong non merita più una diversa considerazione, poiché nessuna persona ragionevole può affermare che Hong Kong saprà mantenere un alto grado di autonomia rispetto alla Cina”.
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