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    “Detenute cilene violentate dalla polizia”: la denuncia shock della sociologa e attivista Vergara

    L'aumento del biglietto della metropolitana non basta per spiegare quello che sta succedendo in Cile. La protesta da Santiago è dilagata in tutto il Paese

    Di Maria Teresa Camarda
    Pubblicato il 24 Ott. 2019 alle 15:32 Aggiornato il 24 Ott. 2019 alle 19:17

    Cile, “detenute violentate dalla polizia”: denuncia shock dell’attivista Vergara

    “Le ragazze che sono state arrestate hanno dichiarato di essere state spogliate e violentate. Ma non ci sono registrazioni che lo possano confermare, non c’è difesa, è tutto irregolare”. La denuncia, in merito alle detenute violentate dalla polizia, arriva dalla sociologa cilena Sumargui Vergara, che, attraverso il suo blog, sta documentando quello che sta accadendo in Cile.

    L’aumento del biglietto della metropolitana non basta a spiegare i fatti di questi giorni in Cile. La protesta, che da Santiago (la capitale), è dilagata in tutto il paese adesso non si fermerà fino a quando non otterrà le dimissioni del presidente Sebastián Piñera.

    Il governo parla dell’aumento di 30 dollari per l’abbonamento ai mezzi pubblici, ma i rivoltosi controbattono che questo equivale già a una spesa mensile del 20 per cento di uno stipendio comune a Santiago del Cile, e nelle regioni più periferiche ancora di più.

    In questo contesto di repressione, morti, sparizioni, detenzioni arbitrarie, torture e violenze della polizia, le donne sono di nuovo le più vulnerabili.

    Secondo i media locali, il governo cileno starebbe facendo di tutto per non far trapelare le immagini delle violenze contro la popolazione civile.

    “La Tv mostra solo i saccheggi nei supermercati, ma sta succedendo molto di più. È una campagna di terrore. Così stiamo cercando di diffondere queste informazioni via Internet”, ha detto la sociologa e attivista Vergara.

    Le donne che lottano sono molte. E non tutte giovani. È ancora Vergara che racconta: “Ci ​​sono le nostre nonne, zie e madri. Sono quelle che escono di più per protestare perché hanno vissuto altri anni di terrore come questi quando erano adulte o adolescenti. Non hanno paura. Sanno cosa bisogna fare, sanno cosa sta arrivando, sono più preparate. Non sono come la nostra generazione che ha solo sentito o letto com’era quel tempo”.

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