“Le vacanze sono un momento per interrompere le nostre abituali attività. Si tratta di un momento di relax, ma anche di incontri, di condivisione, di convivialità. È il tempo per incontrare parenti e amici, e sperimentare qualcosa insieme. Ma anche un tempo per essere rispettosi degli altri, chiunque essi siano“.
Con queste semplici parole, lo scorso giugno padre Jacques Hamel si era rivolto ai fedeli della parrocchia di Saint-Etienne-du-Rouvray, un piccolo comune di 28mila abitanti nella regione dell’Alta Normandia, in Francia.
Un messaggio di commiato in vista delle vacanze estive apparso sul giornale della parrocchia qualche settimana fa, ma che 24 ore dopo la sua barbara esecuzione rimbalza come un pugno sullo stomaco. E scriveva ancora padre Jacques: “Dobbiamo sentire l’invito del Signore e prenderci cura di questo mondo nel quale viviamo, rendendolo più caloroso, fraterno e umano“.
Padre Jacques Hamel è stato ucciso martedì 26 luglio da due uomini armati di coltello che si sono introdotti all’interno della chiesa, mentre celebrava la messa mattutina.
Nato 86 anni fa a Darnétal, un piccolo comune dell’Alta Normandia a una manciata di chilometri da Saint-Etienne, Jacques Hamel era stato ordinato prete nel 1958.
Cinquantotto anni di sacerdozio e nessuna volontà di ritirarsi a vita privata. Padre Jacques non voleva assolutamente abbandonare la sua parrocchia dove, da circa un decennio, rivestiva il ruolo di vice parroco e officiava le messe per i suoi fedeli. Voleva indossare l’abito talare sino alla fine dei suoi giorni, perché quella era la sua missione di vita.
Lui stesso amava ripeterlo spesso, come raccontano le persone che lo conoscevano. “Hai mai visto un pastore in pensione? Lavorerò sino al mio ultimo respiro”, rispondeva padre Jacques ogni volta che qualcuno lo invitava a riposarsi.
Nel 2008, padre Jacques aveva festeggiato il suo giubileo d’oro, ossia i 50 anni di servizio. “Parroco coraggioso per la sua età, aveva deciso di continuare nonostante avesse 86 anni. I sacerdoti hanno il diritto di andare in pensione all’età di 75 anni, ma lui aveva preferito lavorare al servizio della sua comunità, perché si sentiva ancora forte”, hanno raccontato le persone che lo conoscevano al quotidiano francese Le Figaro.
Aveva trascorso la sua vita nell’umiltà più assoluta, quella stessa semplicità che cercava di infondere e diffondere tra la sua cerchia di fedeli, e non disdegnava il dialogo con le altre comunità religiose. A piangere la sua morte non sono solo i suoi fedeli, ma anche la comunità musulmana di Saint-Etienne-du-Rouvray.
L’imam della principale moschea del paese, Mohammed Karabila – presidente del Consiglio regionale del culto musulmano dell’Alta Normandia – amico di padre Jacques, ha espresso il suo rammarico per questa grande perdita. “Da circa diciotto mesi ci incontravamo in un comitato interconfessionale locale. Discutevamo sempre di religione e di convivenza pacifica”. Entrambi, infatti, condividevano l’idea che le due religioni potessero e dovessero trovare il modo di coesistere.
La moschea di Saint-Etienne è stata edificata su un lotto di terreno donato proprio dalla parrocchia presa di mira alla comunità musulmana presente sul territorio.
Alle nove di martedì mattina, Jacques era impegnato a officiare la sua omelia al posto del sacerdote ufficiale, l’abate Auguste Moanda-Phuati, come un umile supplente. A quell’ora non vi erano molti fedeli che assistevano, nel momento in cui due uomini con in mano un coltello hanno compiuto il più vile degli attacchi.
Padre Jacques è morto, ucciso da fendenti alla gola, su quell’altare che per lui aveva rappresentato la sua vita, il suo mondo, la sua forza. “Non pensava che dare la sua vita per la parrocchia avrebbe voluto dire morire dicendo la messa”, ha sottolineato il vicario dell’arcidiocesi, Philippe Maheut. Ma padre Hamel non si sarebbe mai tirato indietro.
(Qui sotto il messaggio di padre Jacques Hamal)