Fuoriclasse o meteora? È forse la domanda più frequente che anima da settimane la politica francese.
Chi e cosa rappresenta Emmanuel Macron, giovane candidato all’Eliseo, in testa nei sondaggi per il primo turno e favorito al ballottaggio? La scommessa europeista e la volontà di andare oltre la classica divisione destra sinistra sono stati, finora, i punti di forza della sua campagna elettorale.
La sfida è capire se su questi temi il leader di En Marche!, il movimento da lui fondato nel 2016, riuscirà a sconfiggere Marine Le Pen.
L’uomo di lettere votato alla politica
Emmanuel Macron nasce ad Amiens da una famiglia borghese della città. Con i genitori, entrambi medici, il rapporto è molto freddo. La figura più importante nella sua formazione è la nonna, che lo ha cresciuto e iniziato alla letteratura e ai valori di sinistra.
“Mia nonna mi ha insegnato a studiare. Da quando avevo cinque anni, una volta finita la giornata a scuola, tornavo a casa e passavo con lei ore ad apprendere la grammatica, la storia, la geografia. Leggevo in continuazione”, confida Macron al settimanale francese Le Nouvel Observateur (Obs), “sono stato profondamente segnato da Gide, Giono e Camus, che mia nonna mi ha fatto leggere quand’ero adolescente”.
La letteratura è la prima grande passione di Emmanuel Macron che inizialmente, come ha più volte dichiarato alla stampa, pensava di essere destinato a una brillante carriera di uomo di lettere. Per questo, dopo il diploma al Liceo Henri IV di Parigi, uno dei più antichi e importanti della capitale, fa domanda per entrare all’École Normale Supérieure, l’università di eccellenza che forma una parte dell’élite francese in due macro-aree: la letteratura e la scienza.
Macron però fallisce il concorso, probabilmente perché, come dirà in seguito, sempre all’Obs: “Non avevo né l’anima di un seminarista né la vocazione per l’insegnamento. Avevo altre vibrazioni e altre aspirazioni”. Per altre aspirazioni Macron intende l’azione, la possibilità di raggiungere traguardi importanti in breve tempo.
“Molti filosofi raggiungono i sessant’anni prima di scrivere un libro che li conduce al successo. Non è cosa per me”, spiega nel documentario di France 3 La stratégie du météore.
L’altra grande passione, che lo accompagna tuttora, è quella per sua moglie, Brigitte Trogneux. I due si incontrano nei primi anni che Macron passa al liceo di Amiens; ma lei è di vent’anni più grande e di mestiere fa la professoressa di francese. La sua professoressa.
Lui s’innamora; lei, dopo un lungo corteggiamento, viene “soggiogata dall’intelligenza del ragazzo”. Iniziano una storia clandestina, cosa non facile nella provincia francese: è per questo che Macron decide di trasferirsi a Parigi, anche su consiglio di Brigitte.
“Ho dovuto lasciare Amiens, dove, a causa della mia vita sentimentale, la situazione era diventata insostenibile” spiega all’Obs. Da quel momento i due non si lasciano più e si sposano nel 2007: lei in questa campagna elettorale è in prima fila ad ogni incontro pubblico, rilegge i discorsi, è prodiga di consigli. Molte sono le copertine che li ritraggono insieme, un’immagine di solidità che la coppia incoraggia.
Dalla Commissione Attali alla finanza
Dopo aver fallito il concorso per l’École Normale Macron decide di iscriversi alla facoltà di filosofia di Paris X Nanterre, dove diventa, all’ultimo anno, assistente del filosofo Paul Ricoeur e allievo di Etienne Balibar.
Dopo la triennale s’iscrive a Sciences Po, per poi far parte della promozione Léopold Sédar Senghor, la classe ENA, école de l’administration publique, del biennio 2002-2004.
All’ENA completa la formazione classica dell’élite dell’amministrazione pubblica francese: letteratura, principi di economia, diritto pubblico e scienza politica. Ma, soprattutto, contatti. Chi conclude l’ENA entra praticamente di diritto negli uffici direttivi dell’amministrazione pubblica: per Macron si apre la porta dell’ispettorato delle finanze, dove si fa notare subito.
“Uno degli ispettori delle finanze più brillanti della sua generazione”, scrive il quotidiano Le Monde nel 2012. Talmente brillante che quando Sarkozy nomina Jacques Attali a capo della Commissione per la liberazione della crescita, l’economista chiede ad Emmanuel Macron di farne parte.
Per un uomo di trent’anni è fuori dal comune: i 42 componenti della commissione sono figure di spicco dell’élite europea (tra gli altri vi siedono Mario Monti e Franco Bassanini) e completano “un giro di conoscenze” molto utile per il futuro ministro.
Dopo l’esperienza a fianco di Attali, Macron decide di aver bisogno di una nuova sfida: la finanza. Secondo il settimanale l’Express a introdurlo alla banca d’affari Rotschild è Alain Minc, editore, dirigente pubblico (anche lui all’ispettorato delle finanze) uomo molto vicino a Nicolas Sarkozy, oggi uno dei più entusiasti sostenitori di Macron.
Il talento eccezionale del giovane ispettore delle finanze conquista anche le banche d’affari. “Il colloquio ha rivelato immediatamente che questo giovane uomo aveva non solo delle capacità intellettuali straordinarie, ma anche delle qualità di carattere, relazionali che, messe insieme, ne facevano una personalità veramente rara”, ha raccontato in un’intervista a France 3 François Henrot, dirigente della banca Rotschild.
“Alla fine dell’intervista gli ho detto: considerati già a casa tua. È raro assumere qualcuno così velocemente, non mi era mai capitato prima né mi è capitato dopo”.
L’esperienza come ministro dell’Economia nel governo Hollande
Il passo successivo è la politica. A fine 2011 si presenta l’occasione: dopo aver declinato varie offerte da parte della destra gollista al governo – Sarkozy ha più volte detto di sentirsi in sintonia con le idee economiche di Emmanuel Macron – decide di aiutare François Hollande.
È qui che le conoscenze tornano utili: a presentare i due è proprio Jacques Attali, tenuto in gran considerazione dall’allora segretario del Partito Socialista. Una volta entrato all’Eliseo Hollande nomina quindi Macron segretario generale aggiunto con delega all’economia, e l’ex banchiere diventa uno degli uomini più vicini al presidente della Repubblica senza aver mai partecipato ad un’elezione.
È solo un primo passo: a seguito dell’uscita dei frondeurs del Partito Socialista dal governo, Emmanuel Macron è chiamato al ministero dell’economia per sostituire Arnaud Montebourg, uno dei più critici con il primo ministro Manuel Valls.
L’avvicendamento al Palais de Bercy segna la definitiva adesione della presidenza Hollande alla politica dell’offerta: sgravi fiscali alle imprese per aumentare l’occupazione, flessibilità sul mercato del lavoro e apertura dell’economia per favorire la concorrenza.
Durante la permanenza a Bercy, Macron dà prova da un lato di ottimi rapporti e capacità di mediazione con i parlamentari, dall’altro di uscite inopportune e sopra le righe, come quando definisce “illetterate” la maggior parte delle donne che lavorano nell’azienda Gad, al centro di una crisi occupazionale.
En Marche!
“Da ministro ho imparato che le riforme si possono fare coinvolgendo tutti, in parlamento è possibile trovare una maggioranza riformista per modernizzare il paese”, spiega Macron a France 3, individuando nelle “dinamiche partigiane” il vero freno alle riforme di buon senso che servono alla Francia.
È questa una delle basi che giustificano la creazione di En Marche!, il movimento politico da lui fondato ad aprile, con cui si propone di andare oltre le classiche divisioni destra-sinistra che hanno caratterizzato la vita politica della Quinta Repubblica.
In pochi mesi si moltiplicano le prime pagine dedicate al giovane “Mozart della finanza”: velleità di scrittore, poi dirigente pubblico, banchiere, consigliere del presidente, ministro e infine politico a tutto tondo.
A meno di quarant’anni Macron aspira alla presidenza della repubblica, quasi un affronto in un paese come la Francia dove il presidente è un monarca repubblicano.
Ma l’idea di essere etichettato come “controcorrente” piace molto al leader di En Marche!: lo è stato nella sua relazione con Brigitte, lo è quando mette in discussione il dogma delle 35 ore lavorative, o quando sostiene che la colonizzazione francese è stata “un crimine contro l’umanità”.
La percezione di uomo “sopra le righe” è tra l’altro da lui attentamente coltivata pubblicizzando le sue amicizie con gli intellettuali scomodi come Michel Houellebecq.
L’idea che si possano fare delle riforme di buon senso che non sono né di destra né di sinistra – altra eresia – è centrale nel progetto di Emmanuel Macron.
Ma allora chi è? Qual è il suo progetto?
“Nessuno lo sa, nemmeno lui”, spiega all’Obs lo storico Marcel Gauchet. “Emmanuel Macron è uno di quegli uomini politici che si nutrono di una situazione, di una congiuntura, molto più di quanto la creino. Macron è indefinibile e si vuole tale. Gioca “tra”: né destra né sinistra, o meglio sia destra che sinistra. E lo fa in un paese tradizionalmente polarizzato come la Francia, raggiungendo un livello nei sondaggi per adesso altissimo”.
Infine, è bravissimo a sfruttare i difetti dei suoi concorrenti. “Macron si nutre del settarismo altrui. Questo spiega il suo successo, ma anche la sua debolezza: non è certo che la sua straordinaria capacità a suscitare empatia sia sufficiente a fare di lui un presidente della Repubblica”, ritiene Gauchet.
Macron non ha ancora chiarito quale sia il suo programma per la Francia. Spesso criticato per questo, ne ha spiegato le ragioni in una lunga intervista all’Obs: “La funzione presidenziale reclama dell’estetica e della trascendenza. Mi criticano di non avere un programma, ma quello che conta è il progetto! Svelerò il mio programma per nutrire il Moloch mediatico e politico. Ma credo di più al contratto morale stipulato con la nazione. Essere candidato alla presidenza vuol dire avere uno sguardo e uno stile”.
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*Francesco Maselli, doppia laurea in diritto italo-francese conseguita tra Parigi e Roma, spiega settimanalmente su TPI l’evolversi della corsa presidenziale francese che nel 2017 consegnerà l’Eliseo al successore di Francois Hollande.
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