Sono ormai cinque anni che in Siria si combatte un sanguinoso conflitto civile reso molto complicato non solo dal quadro frammentario delle fazioni in guerra, ma anche dalla complessa situazione regionale e internazionale, che si ripercuote sull’intreccio di alleanze sul campo.
Breve cronistoria della Siria
La Siria ha ottenuto nel 1946 l’indipendenza dalla Francia, che aveva il mandato della Lega delle nazioni sul paese dal 1920. Tra il 1958 e il 1961 il paese ha dato vita insieme all’Egitto di Gamal Abdel Nasser alla Repubblica Araba Unita, un breve esperimento panarabista con capitale il Cairo.
Nel 1963, un colpo di stato militare ha instaurato un regime baathista (panarabo e socialista). Nel 1967 la Siria perse le alture del Golan che furono occupate da Israele durante la Guerra dei sei giorni.
Nel 1970 arrivò al potere un sottufficiale dell’esercito alawita semisconosciuto, Hafez al-Assad, che avrebbe guidato il paese fino alla sua morte nel 2000. Quell’anno, gli succedette il figlio Bashar.
Nel marzo del 2011, sull’onda delle primavere arabe scoppiate in Tunisia (dicembre 2010), Egitto (gennaio 2011) e Libia (febbraio 2011) che portarono alla deposizione di Zine el-Abidine Ben Ali, Hosni Mubarak e Muammar Gheddafi (ucciso nell’ottobre di quell’anno), la popolazione siriana scese in piazza per chiedere libertà e dignità.
Quello che era cominciato come un movimento pacifico si trasformò in un sanguinoso conflitto civile, che ha causato oltre 250mila vittime e 11 milioni di sfollati, di cui 4,5 milioni di rifugiati (principalmente nei paesi limitrofi) e 6,5 milioni profughi interni.
Quadro demografico
Prima della guerra, la popolazione siriana contava circa 22 milioni di persone. Le stime odierne variano: il Cia World Factbook stima, per il 2014, circa 17 milioni di abitanti; la Banca mondiale parla invece, per lo stesso anno, di 22,16 milioni di abitanti.
La maggior parte dei siriani sono di etnia araba (circa il 90 per cento) e di religione musulmana sunnita (circa il 74 per cento), ma il panorama etnico-religioso è piuttosto variegato.
I curdi – che abitano prevalentemente il nordest del paese attorno alle città di Qamishly, Hasakah, e Kobane – rappresentano circa il 9 per cento della popolazione.
La minoranza curda è stata a lungo marginalizzata e discriminata dalle autorità siriane, e le loro attività politiche, ma non quelle economiche, severamente limitate.
Oggi, i curdi controllano le tre province curde nel nord della Siria e hanno proclamato un’amministrazione democratica autonoma nella cosiddetta Rojava.
Ci sono poi armeni, circassi, siriaci, turcomanni e greci che insieme rappresentano circa l’1 per centro della popolazione.
I musulmani di confessione alawita, ismailita o sciita sono il 13 per cento, i cristiani il 10 per cento e i drusi il 3 per cento. La presenza ebraica è impercettibile, se si escludono gli occupanti israeliani delle alture del Golan.
Gli alawiti – che appartengono alla confessione sciita duodecimana ma convogliano nel loro credo diversi elementi estranei all’Islam – si concentrano nella regione costiera della Siria, attorno alle città di Latakia e Tartus.
Gli Assad appartengono a questa confessione e pertanto gli alawiti hanno ricoperto negli ultimi quarant’anni un ruolo privilegiato all’interno delle istituzioni di governo e nei servizi di sicurezza.
Recentemente, tuttavia, è emerso un documento in cui i leader della comunità alawita hanno preso le distanze dal regime di Damasco.
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