Il rischio di ripresa delle ostilità tra le due Coree è più alto che mai da 60 anni a oggi. Nel 1953 Stati Uniti, Corea del Nord e Cina firmarono un armistizio oggi ancora in vigore, ma nessuno sa per quanto ancora.
Nelle ultime settimane – oltre alla tensione creata dai suoi recenti test nucleari e missilistici – il regime di Pyongyang ha interrotto il dialogo diretto con Seoul, stracciato a parole l’armistizio del 1953, condotti attacchi informatici verso la Corea del Sud e contro i propri interessi finanziari ha recentemente chiuso il complesso industriale di Kaesong, l’unico filo che tiene insieme le relazioni economiche con il sud.
Il confine tra i due Paesi è come una linea di alta tensione: lungo i 248 chilometri di linea di demarcazione tra Corea del Sud e Corea del Nord si incontrano tutti i tipi di fortificazione che si possano immaginare: filo spinato, muri di cemento, mine anticarro, colonne, trincee, blocchi stradali, gallerie, bunker, torri di guardia. C’è anche una diga con un immenso serbatoio vuoto costruito a un costo di 429 milioni dollari sul lato sud come misura preventiva nel caso in cui la Corea del Nord rilasci decida di rilasciare acque dai propri bacini idrici e provocare inondazioni in Corea del sud.
Le esercitazioni lungo il confine vedono i soldati immergersi nelle acque gelide a torso nudo – in parte per allenare la resistenza fisica, in parte come una dimostrazione di forza. L’esercito della Corea del Sud incoraggia una pesante copertura mediatica di queste esercitazioni. Il fotoreporter Van Houtryve ha trascorso 10 settimane lungo il confine tra le due Coree, dicendo che “la paura e la paranoia sono gli elementi dominanti”.
Quello che rende pericoloso il conflitto è la sua imprevedibilità: non c’è una linea rossa definita che, una volta superata, scatenerebbe la guerra. Il rischio di un potenziale errore di calcolo e le possibilità di escalation sono alte. Un qualsiasi incidente – come un missile vagante in mare o in aria, una sparatoria nei pressi del confine – potrebbe innescare un ciclo di azione-reazione che potrebbe sfuggire di mano se Pyongyang, esaurite le minacce o le provocazioni di basso livello, dovesse scommettere su una mossa più audace.
Le possibilità di un conflitto sono più alte anche perchè la Corea del Sud ha cambiato approccio e non vuole più porgere l’altra guancia verso il regime di Kim Jong-un. Dopo l’affondamento della nave da guerra Cheonan da parte di un sottomarino nordcoreano nel 2010, dove rimasero uccisi 46 marinai, Seoul ha perso la pazienza e riscritto le regole di ingaggio militare: risponderà a qualsiasi provocazione, che potrebbe degenerare in un conflitto più grande.
La Corea del Nord ha inoltre ha lanciato con successo un satellite in orbita a dicembre, riuscendo nel lancio di un missile balistico che è chiaramente progettato per raggiungere gli Stati Uniti. La Corea del Nord può inoltre mettere a repentaglio il Sud e anche il Giappone con i suoi missili convenzionali, potendo sparare 500 mila colpi di artiglieria su Seoul nella prima ora di un conflitto.
La Cina gioca un ruolo fondamentale: il mantenimento di un rapporto stretto con Pyongyang può essere molto frustrante per Pechino, ma finora la leadership cinese ha continuato a sostenere la Corea del Nord. La Cina è il principale partner commerciale della Corea del Nord e fornisce la maggior parte del fabbisogno energetico. Inoltre non ha mai seriamente attuato nessuno dei quattro round di sanzioni delle Nazioni Unite verso il regime di Kim Jong-un.