Carlos Ghosn e la “fuga del secolo”: il caso dell’ex presidente di Nissan Renault diventa un intrigo internazionale
L’ex presidente di Nissan e Reanult, Carlos Ghosn, è riuscito a lasciare la casa di Tokyo dove si trovava in libertà vigilata e a raggiungere il Libano, suo paese d’origine. Beirut non ha accordi di estradizione con il Giappone, e questo rende molto difficile che il manager sia restituito alla giustizia nipponica.
Ghosn era una delle persone più sorvegliate del Giappone. Aveva consegnato ai suoi avvocati i suoi tre passaporti e la sua dimora era sotto stretta sorveglianza da parte della polizia giapponese. Per questo, nessuno riesce a spiegarsi come abbia fatto a sfuggire a ogni controllo e a raggiungere il Libano, anche se sulla sua stupefacente fuga inizia ad emergere qualche particolare e circolano diverse indiscrezioni. Ecco cosa sappiamo finora sulla sua fuga.
Carlos Ghosn fuggito dal Giappone al Libano: cosa sappiamo finora
Secondo i media libanesi, Ghosn è atterrato all’aeroporto di Beirut con un jet privato proveniente dalla Turchia. Dopo la diffusione della notizia, Ankara ha aperto un’inchiesta e, secondo i media turchi, alcune persone – tra cui 4 piloti – sono già state arrestate ed interrogate.
Inoltre, è emerso che Carlos Ghosn era stato autorizzato dalla giustizia giapponese a mantenere in suo possesso un secondo passaporto francese. L’ex numero uno della Nissan Renault possedeva due passaporti francesi per ragioni che ancora non sono state rese note. I documenti erano trattenuti entrambi dal suo avvocato, insieme a quello libanese, fino allo scorso mese di maggio, quando Ghosn riuscì a ottenere la restituzione di uno dei due documenti francesi per ragioni legali, come ha rivelato il canale pubblico giapponese Nhk. Il documento sarebbe dovuto essere conservato in una cassaforte chiusa a chiave, ma evidentementre non è andata così. Con questo passaporto, quindi, l’uomo sarebbe presumibilmente entrato in Libano.
Resta ancora da capire come abbia fatto però Ghosn a lasciare la sua abitazione a Tokyo e a raggiungere la Turchia. Secondo la ricostruzione di un giornale libanese, citato dal New York Times, l’uomo avrebbe lasciato la casa nascosto in una specie di container o baule, forse la custodia di un grande strumento musicale.
L’operazione, secondo la rete televisiva libanese Mtv, sarebbe stata portata a termine da un “gruppo paramilitare”, entrato nell’abitazione del manager fingendosi una band musicale chiamata a tenere un concerto di Natale in casa. Al termine della presunta festa, il gruppo sarebbe uscito trasportando i propri strumenti e nascondendo dentro una delle casse Ghosn.
L’uomo avrebbe poi lasciato il Giappone in traghetto e – si ipotizza – attraversato il confine con la Corea del Sud. L’ex capo di Nissan Renault in passato aveva già dimostrato di essere bravo con le fughe: lo scorso marzo si travestì infatti da operaio per eludere i giornalisti uscendo dal carcere.
Per scoprire la verità sulla sua fuga, le autorità giapponesi hanno perquisito l’abitazione dell’ex tycoon e recuperato le immagini delle telecamere di sorveglianza. Il sospetto, data la difficoltà del piano, è che l’uomo sia stato aiutato da complici e che l’organizzazione della fuga internazionale sia avvenuta “su vasta scala”.
Junichiro Hironaka, capo del team legale di Ghosn in Giappone, ha negato di sapere come il suo cliente sia riuscito a lasciare il Giappone, ma ha ammesso che deve aver agito “un’organizzazione molto grande”.
Quali sono le accuse contro l’ex capo di Nissan Renault
Carlos Ghosn, brasiliano di origini libanesi, era alla guida dell’alleanza franco-nipponica tra Renault, Nissan e Mitsubishi. Era stato arrestato in Giappone nel novembre 2018, sulla base di varie accuse legate alla cattiva condotta finanziaria. Ghosn era in attesa di un processo e gli era stato vietato di andare all’estero.
Il tycooi è accusato di appropriazione indebita di denaro per uso personale e frode fiscale. Tra le altre cose, avrebbe utilizzato soldi dell’azienda per pagare il suo matrimonio nel castello di Versailles, nell’ottobre del 2016, nonché la festa per il suo 60 esimo compleanno, con tanto di cene preparate da chef stellati, fuochi d’artificio e numeri pirotecnici.
Avrebbe inoltre goduto di residenze di lusso a Beirut, Rio de Janeiro e Parigi, acquistate attraverso controllate con sede nei Paesi Bassi e ricevuto, tra le altre cose, un compenso “riservato” di 7,8 milioni di euro da una società olandese comproprietaria di Nissan e Mitsubishi Motors (NMBV). Sotto osservazione dei magistrati anche l’acquisto di una barca da 12 milioni di euro e il pagamento di emolumenti per 750 mila dollari a una delle sue sorelle, per attività di consulenza all’interno di un “Global Donation Advisory Council” che, secondo Nissan, non è mai esistito.
Una volta arrivato in Libano ha affermato di non essere fuggito dalla giustizia ma di “essere sfuggito a un’ingiustizia e alla persecuzione politica”. La Direzione generale della Sicurezza del Libano ha fatto sapere che l’ingresso in Libano è avvenuto in “maniera legale” e pertanto non ci sono elementi che giustifichino l’apertura di un “procedimento giudiziario” contro di lui.
Intanto ieri la corte distrettuale di Tokyo ha revocato la libertà vigilata di Ghosn su richiesta del pubblico ministero, ordinando la confisca della cauzione di 1,5 miliardi di yen (12,3 milioni di euro).
La Francia, dal canto suo, ha fatto sapere che “non estraderà” l’ex presidente di Nisan-Renault se arriverà nel Paese. “La Francia non estrada i suoi cittadini”, ha detto il segretario di stato all’economia Agnes Pannier-Runacher sottolineando tuttavia che l’ex presidente di Nissan-Renault non avrebbe dovuto “darsi alla latitanza. Nessuno è al di sopra della legge”. Ghson è indagato anche in Francia. “Se arriverà qui applicheremo a Ghosn le stesse regole che applichiamo all’uomo della strada”, ha detto il segretario di stato all’economia.