In Arabia Saudita la violenza sulle donne
è un tema tabù. Non esistono statistiche sul tema, né se ne parla mai sui media locali.
Nel 2013 è stata lanciata la prima
campagna di sensibilizzazione contro la violenza sulle donne, al fine di
incoraggiare le vittime a denunciare gli abusi.
L’immagine della campagna, promossa da King Khalid Foundation (Kkf) – un’organizzazione
no profit – e dall’agenzia pubblicitaria MermacOgilvy, raffigura il viso di una donna coperto dal niqab, un tipo di velo islamico che lascia gli occhi scoperti, da
cui si intravede chiaramente un occhio nero tumefatto.
Alcune cose non possono essere coperte
– combattiamo insieme la violenza sulle
donne, questo lo slogan della campagna riportato sotto la foto della
donna.
L’obiettivo dell’iniziativa era quello di
creare un annuncio al fine di provocare un impatto significativo in una società
molto conservatrice come quella dell’Arabia Saudita, in cui però stanno avvenendo alcuni segnali di apertura verso le donne e i loro diritti.
Alle donne saudite, infatti, è stato permesso di
andare in bicicletta e di guidare le moto, anche se ancora non possono guidare
le macchine e devono essere scortare dagli uomini ogni qualvolta escono in
strada.
Nonostante i miglioramenti, l’Arabia
Saudita si trova ancora al 132esimo posto nella classifica sulla disparità di
genere, su un totale di 142 Paesi, secondo un rapporto del World Economic
Forum del 2014.
Fadi Saad, il direttore di Memac Ogilvy ha spiegato a Thomson Reuters Foundation come il velo
non solo nasconda gli abusi sulle donne ma sia anche una metafora del velo sociale dietro al quale si
nascondono molte carenze della società saudita.
La campagna, lanciata su alcuni giornali
locali e sui social media, ebbe i suoi risultati. Oggi, coloro che compiono
violenze sulle donne in Arabia Saudita rischiano un anno di prigione e a una multa fino a 12.000 euro.