Da un lato la Commissione Europea, con a capo Jean-Claude Juncker, che vorrebbe mettere fine all’ora legale già da quest’anno. Dall’altra il Parlamento europeo, che punta a ritardare il piano.
L’ultimo atto è una mozione, votata in Commissione Trasporti a Strasburgo, in cui si chiede che siano gli Stati a decidere “quale orario adottare in maniera permanente entro il mese di aprile del 2020, con l’ultimo cambio di orario fissato per il marzo del 2021”.
Ma la polemica, nonostante questo prendere tempo, non accenna a diminuire.
Lo scontro è tra gli Stati che vogliono eliminare il cambio dell’ora, con i Paesi nordici e la Germania in testa, e quelli che continuano a opporsi strenuamente all’eventualità: Grecia e Portogallo in primis.
Per gli Stati del Mediterraneo “non c’è nessuna convenienza” nel “cambio di sistema”.
Un anno fa l’invito alla Commissione Europea, da parte del Parlamento, di effettuare un’analisi della direttiva. La risposta: una consultazione pubblica, che si è tenuta nell’estate del 2018.
Il risultato ha convinto Juncker ad andare avanti: 4,6 milioni di cittadini europei, pari all’84 per cento degli intervistati, si è detto favorevole all’abolizione dell’alternanza tra ora solare e ora legale.
Ora la linea “ufficiale” è che l’abolizione ci potrà essere, ma solo dal 2021.
Ma le resistenze non si placano. In prima fila, ora, c’è soprattutto l’International Air Transport Association (Iata), ente che riunisce le imprese aereo mondiali.
L’opposizione, come ha spiegato a Euronews da Philippe Morin, direttore degli Affari europei dell’organizzazione, riguarda la “pianificazione delle flotte, l’organizzazione degli equipaggi e dei vettori che operano in Ue”.
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Un esempio? “Si rischia di dover cambiare per tre volte l’orologio durante un viaggio tra Amsterdam e Strasburgo”. Per questo “è necessario prendere una decisione coordinata tra i vari Paesi”.
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