L’11 ottobre un autobus con le foto di oppositori siriani al regime di Bashar al-Assad ha girato per le strade di Londra.
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Il bus è stato chiamato Damascus e a lanciare l’iniziativa sono stati i membri dell’organizzazione Famiglie per la libertà.
L’organizzazione è stata fondata da donne siriane, residenti a Londra, i cui familiari sono rinchiusi nelle prigioni governative in Siria.
“Abbiamo fatto questa manifestazione per far sentire la voce dei dissidenti siriani privati della loro libertà da quando è cominciata la guerra civile. I miei due fratelli sono dietro le sbarre. Sono passati ormai sei anni dal loro arresto e non sappiamo più niente di loro. Uno dei due ha anche quattro figli”, ha dichiarato a BBC Arabic una delle organizzatrici dell’evento.
“Non so più niente di mio marito da cinque anni. Le poche informazioni che ho di lui risalgono al 2014 tramite altri prigionieri poi rilasciati”, ha dichiarata Ghada, una delle donne siriane presenti.
“Hanno detto a mia figlia che mio marito è morto e ci sono momenti in cui lo spero, perché le torture che subiscono i dissidenti politici nelle prigioni sono disumane” ha poi proseguito.
Presenti alla manifestazione anche donne turche, libanesi e britanniche.
Le donne siriane con in mano le foto dei familiari detenuti si sono dirette inizialmente vicino al Big Ben, dove hanno intonato canzoni della cultura popolare siriana. Il bus Damascus si è poi trasferito verso il parlamento britannico.
Secondo l’organizzazione Famiglie per la Libertà sono più di 200mila le persone detenute all’interno delle carceri siriane, tra cui anche donne e bambini.
Le torture messe in atto all’interno di queste prigioni sono state più volte denunciate dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani. Secondo un recente rapporto dell’ong Amnesty International, sarebbero oltre 13mila le impiccagioni avvenute solo all’interno del carcere di Saydnaya.
Nel carcere di Mezzeh a Damasco in soli due anni, dal 2013 al 2015, Amnesty International ha documentato la morte di 13.500 siriani torturati dalle forze del regime di Assad in quanto oppositori politici.
Gli arresti dei dissidenti politici avvengono senza alcuna procedura legale e i detenuti spariscono per anni senza che le famiglie vengano informate circa le sorti dei loro familiari. Alcuni prigionieri sono rilasciati dietro il pagamento di un riscatto, altri vengono processati per reati che hanno confessato sotto tortura.
Secondo Amnesty International, dal 2011 al 2015 le torture contro chi è stato sospettato di opporsi al regime di Assad hanno provocato la morte di 17.723 detenuti nelle carceri siriane, oltre 300 al mese.
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