Brexit voto parlamento | 15 gennaio
Il 15 gennaio 2019 il Parlamento britannico ha votato contro l’accordo sulla Brexit. Il voto della Camera dei comuni previsto per l’11 dicembre 2018 era stato annullato a causa delle difficoltà che stava affrontando la premier Theresa May. I deputati britannici si sono espressi su un documento di 599 pagine con cui vengono stabilite nel dettaglio le modalità di uscita dalla Ue.
Centinaia di persone si sono radunate a Londra in piazza del Parlamento, a Westminster, per seguire la diretta del dibattito che precede il voto sull’intesa raggiunta dalla premier, Theresa May, su Brexit. In tanti chiedono un nuovo referendum per poter decidere.
Voto accordo Brexit | La diretta:
ore 21.05: “Il rischio di un ritiro disordinato del Regno Unito è aumentato con il voto di questa sera”, ha detto il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, che ha chiesto con urgenza “al Regno Unito di chiarire le sue intenzioni il più presto possibile. Il tempo è quasi finito”, ha detto Juncker in una nota.
ore 20.46: Jeremy Corbin ha chiesto un voto di fiducia sul governo. Qui abbiamo spiegato cosa succede adesso.
ore 20.45: Theresa May ha detto che accetterà la discussione di una mozione di sfiducia sul suo governo domani.
ore 20.42: Il parlamento britannico boccia l’accordo sulla Brexit: qui i dettagli.
ore 20.25: È iniziato il voto alla Camera dei Comuni. L’esito è cruciale non solo per l’uscita dall’Ue ma anche per il governo di Theresa May.
ore 19.50: La premier britannica, Theresa May, nel suo intervento davanti ai Comuni ha dichiarato di non aver alcuna intenzione di “arrendersi” ne’ revocando l’articolo 50 ne’ annullando la Brexit, perche’ ha il “dovere di dare attuazione alla decisione democratica” fatta nel 2016. May ha inoltre spiegato che il popolo britannico “ha votato per avere un accordo di uscita dall’Ue
ore 19.40: Il leader dei laburisti Jeremy Corbyn ha confermato che voterà No all’accordo
La diretta video:
> Cosa succede se il Parlamento di Londra boccia l’accordo con l’Ue?
Fonti governative hanno riferito alla BBC che il voto al Parlamento non sarà rinviato di nuovo. Oltre 200 parlamentari hanno firmato intanto una lettera a Theresa May, esortandola a escludere l’ipotesi di una Brexit senza accordo.
L’accordo era già stato approvato con i leader dell’Ue a novembre 2018, ma è necessario che venga approvato dal Parlamento prima di diventare effettivo.
Il Regno Unito lascerà l’Ue il 29 marzo 2019, indipendentemente dal fatto che l’accordo sia approvato dai parlamentari o meno.
La Ue ha avvertito che non cambierà il testo negoziato, ma si è detta disposta a “chiarimenti” sul contenuto, in particolare sulla contestata clausola di sicurezza che eviterà una frontiera nell’isola dell’Irlanda in caso non si arrivi a un accordo commerciale bilaterale alla fine del periodo di transizione successivo alla Brexit (qui abbiamo spiegato di cosa si tratta)
La May continua a lavorare senza sosta per trovare consensi all’accordo. Bocciare l’accordo, aveva avvertito May, porrà il Regno Unito in una “territorio inesplorato”, sostenendo che questo potrebbe addirittura minacciare l’uscita dal blocco europeo, prevista per il 29 marzo.
> Brexit, se non si trova un accordo la palla passa al Wto
Accordo sulla Brexit: come siamo arrivati fin qui
Dopo mesi di trattative le due parti, Unione europea e Regno Unito, hanno raggiunto un accordo che rimane tale sino a quando non si terrà il voto al Parlamento sulla Brexit. (Qui abbiamo spiegato cosa prevede l’accordo e qui il nuovo accordo tra Regno Unito e Unione europea in 10 risposte). Dopo vari rimandi, il voto del Parlamento sulla Brexit è stato programmato per il 15 gennaio 2019.
Se sulla sponda europea questo appare avere la strada spianata con i 27 stati rimanenti che si muovono uniti per concludere, oltremanica la strada appare piena di ostacoli. Opposizioni che protestano e buona parte del parlamento che giura di voler far deragliare l’accordo non facendolo passare in aula.
Per entrare in vigore, l’accordo sulla Brexit richiede l’approvazione da parte del Consiglio Europeo, del Parlamento europeo e di quello britannico (il voto del Parlamento è atteso per il 15 gennaio)e la ratifica dei paesi dell’Unione. Il punto più spinoso è quello che riguarda il nuovo confine politico, quello fra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord, per evitare la presenza di controlli e salvaguardare l’accordo di pace del 1998 fra le “due Irlande”.
Il 14 novembre il governo britannico aveva approvato la bozza di accordo sull’uscita del Regno Unito dall’Ue e diversi ministri hanno lasciato il loro incarico in segno di protesta.
Nonostante la crisi di governo, la premier Theresa May ha chiarito in un discorso alla nazione che non intende dimettersi. “Sono dispiaciuta che alcuni colleghi abbiano deciso di lasciare il governo, ma credo con ogni fibra del mio essere che il percorso creato è quello giusto”, ha detto May con riferimento alle dimissioni di tre ministri e due sottosegretari in polemica con l’accordo sulla Brexit.
Secondo la premier, l’intesa raggiunta con Bruxelles – che ora dovrà passare l’esame del Parlamento britannico – “protegge l’integrità del Regno Unito e l’accordo pacifico dell’Irlanda del Nord, lasciando il Regno Unito ma senza un confine fisico”.
“Nessuna ha proposto alternative per la Brexit, capisco che ci sono persone in difficoltà con il backstop, ne condivido alcune preoccupazioni, ma non c’e’ nessun accordo che possa essere raggiunto con la Ue che non coinvolga un backstop”, ha fatto notare May.
“Questo accordo è nell’interesse della nazione, possiamo garantirlo solo se restiamo uniti. Se non andiamo avanti con questa intesa, nessuno sa cosa accadrà, si aprirà un percorso profondamente incerto”, ha sottolineato la premier.
Il voto finale sulla Brexit è atteso per il 15 gennaio 2019.
Cosa prevede l’accordo
L’accordo, un documento di 585 pagine, contiene previsioni che vanno nella direzione di una Brexit soft, che piace poco ai sostenitori più intransigenti dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. Sul testo si esprimerà il voto del Parlamento previsto per il 15 gennaio 2019.
Per quanto riguarda il nodo più spinoso, quello della questione nordirlandese, si è sostanzialmente deciso di posticipare la soluzione: l’Irlanda del Nord continuerà in via temporanea a far parte del mercato unico europeo fino a quando non si troverà un accordo definitivo.
In questo modo si eviterà, almeno nel breve periodo, un confine fisico tra Irlanda del Nord, territorio del Regno Unito, e la Repubblica d’Irlanda, territorio dell’Unione europea. I Brexiter auspicavano invece una netta separazione, anche dal punto di vista commerciale, tra i due paesi.
In base all’accordo raggiunto, inoltre, il Regno Unito continuerà a far parte dell’unione doganale finché non si troverà un’intesa commerciale bilaterale con Bruxelles. Su questo punto, gli anti-europeisti britannici temono che Londra sia vincolata per anni al rispetto di regole europee, senza avere abbastanza voce in capitolo.
Numerosi gli articoli dell’intesa dedicati alla cooperazione giudiziaria, di polizia, allo scambio di informazioni e alla protezione dei dati personali. Ci sono norme anche sul trattamento di rifiuti radioattivi.
Importante l’articolo 132 che stabilisce che, entro il primo luglio 2020, un Comitato congiunto, copresieduto da Ue e Regno Unito, potrebbe decidere di estendere, senza alcun limite prefissato, il periodo di transizione, per il momento fissato al 31 dicembre 2020. In questo caso il Comitato congiunto deciderà l’entità del contributo di Londra alla Ue dal primo gennaio 2021 in avanti.
Il voto finale sulla Brexit è programmato per il 15 gennaio 2019.