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    Gli effetti della Brexit sulla difesa: tre scenari per l’Europa

    Uno studio IAI per Leonardo sulle implicazioni della Brexit e gli scenari per la cooperazione europea nella difesa

    Di Laura Melissari
    Pubblicato il 6 Lug. 2018 alle 15:58 Aggiornato il 9 Set. 2019 alle 17:38

    I negoziati sulla Brexit si avvicinano ad un punto di svolta con l’approssimarsi della data di uscita della Gran Bretagna dall’Ue, il prossimo 29 marzo, eppure gli esiti restano ancora incerti e tutte le opzioni sono teoricamente sul tappeto.

    Ciò genera incertezza anche per gli attori economici che devono attrezzarsi per diversi scenari quanto a futuri rapporti economici e commerciali tra Londra e l’Unione.

    Uno studio IAI presentato presso Leonardo, fornisce – con il contributo di Chatham House – un’analisi approfondita di tre scenari particolarmente rilevanti per le industrie europee nel settore aerospazio, sicurezza e difesa, e delle loro implicazioni concrete.

    Scenari altrettanto importanti per i governi europei e le istituzioni Ue impegnati nella cooperazione sulla ricerca tecnologica, lo sviluppo e la produzione di equipaggiamenti militari, anche tramite lo European Defence Fund (Edf) e la Permanent Structured Cooperation (Pesco).

    Nel primo e più positivo scenario, “Una partnership ampia e profonda”, Ue e Gran Bretagna si accorderebbero per mantenere un’unione doganale tra le due parti, oppure stipulerebbero un accordo di libero scambio talmente approfondito e omnicomprensivo da equivalere di fatto a un’unione doganale.

    Ciò comporterebbe a livello economico e commerciale una situazione simile a quella attuale con il regolare e libero flusso di prodotti, lavoratori, capitali e servizi, ed un forte allineamento degli standard regolatori.

    In questo scenario, la cooperazione industriale e intergovernativa sarebbe favorita, e sarebbe agevolata la partecipazione della Gran Bretagna ai progetti Edf e Pesco. Vi sarebbero minori effetti negativi sia sulle altre organizzazioni multilaterali di riferimento, dalla Nato alla European Space Agency, sia sulle cooperazioni bilaterali con Londra.

    L’assenza di un vero e proprio confine doganale tra la Gran Bretagna e l’Ue manterrebbe la situazione di stabilità e pace in Irlanda del Nord, e verrebbe incontro alle richieste della Scozia che nel referendum del 2016 votò per restare nell’Unione.

    Nel secondo scenario, “Una partnership su misura e complicata”, non ci sarebbe una tale intesa sull’unione doganale di nome o di fatto. Piuttosto, le due parti converrebbero su un accordo di libero scambio blando e di basso profilo, che riprenderebbe gli accordi dell’European Free Trade Association, se non direttamente le regole base della World Trade Organization (WTO).

    In questo scenario, dazi doganali, barriere non tariffarie e controlli ai confini rallenterebbero e danneggerebbero gravemente lo scambio di dati, tecnologie, prodotti e risorse umane nel campo della difesa – come negli altri settori – con effetti negativi per tutti gli attori coinvolti. 

    La Gran Bretagna è infatti fortemente integrata con i Paesi europei anche tramite diversi progetti intergovernativi e partnership industriali, dal settore aeronautico a quello missilistico, dagli elicotteri all’elettronica per la difesa, e rappresenta più di un quarto della spesa europea nella difesa e delle relative capacità industriali e tecnologiche.

    Proprio a causa di tale integrazione, Londra e Bruxelles troverebbero comunque un accordo mirato per permettere alla Gran Bretagna di partecipare alle attività di ricerca e sviluppo tecnologico e ai progetti di cooperazione europea in ambito Edf e Pesco. Una partnership così mirata sarebbe però complicata dal generale contesto di divergenza quanto a politica commerciale e standard normativi.

    Nel terzo e più negativo scenario, “Competizione aperta”, i negoziati si concluderebbero senza un accordo tra le due parti, neanche nel campo della difesa. L’uscita della Gran Bretagna dall’Ue avverrebbe in modo traumatico, e i futuri rapporti commerciali sarebbero basati sulle stesse basiche regole Wto che si applicano ai Paesi terzi che non hanno alcun accordo di libero scambio con l’Unione.

    In tale scenario, si andrebbe verso una relativa chiusura del mercato Ue per le importazioni britanniche e di quello del Regno Unito per l’export europeo, e più in generale una divergenza commerciale tra la Gran Bretagna e l’Unione. 

    Il settore della difesa non sarebbe protetto da nessun accordo mirato, mettendo a rischio le cooperazioni esistenti e rendendone improbabili altre in futuro. La Gran Bretagna non parteciperebbe ai progetti Edf o Pesco, privandoli di un contributo significativo e al tempo stesso favorendo un consolidamento industriale e militare sull’asse franco-tedesco.

    Impatti negativi si avrebbero sulle attività spaziali in ambito Esa – sulla falsariga delle tensioni già emerse su Galileo – ed un punto interrogativo si aprirebbe anche sui rapporti Nato-Ue. 

    In questo terzo scenario – così come nel secondo – la ricostruzione di un confine a tutti gli effetti tra Repubblica di Irlanda e Irlanda del Nord potrebbe riaprire la ferita del terrorismo irlandese, e spingerebbe ad uno scontro istituzionale con la Scozia decisa a rimanere nell’unione doganale con l’Ue anche al prezzo, accettabile per molti scozzesi, di arrivare alla secessione dalla Gran Bretagna.

    A cura di Paola Sartori e Alessandro Marrone

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