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    Il parlamento britannico approva il rinvio della Brexit: il Regno Unito non lascerà l’Ue il 29 marzo

    Credit: Tolga AKMEN / AFP
    Di Laura Melissari
    Pubblicato il 14 Mar. 2019 alle 19:27 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 19:59

    Dopo i voti cruciali di martedì 12 e mercoledì 13 marzo, il parlamento britannico si è riunito per il terzo giorno consecutivo per votare un’importante mozione sulla Brexit. Con 412 voti a favore e 202 contro, il parlamento britannico ha votato per rimandare la Brexit, almeno per 3 mesi.

    Il voto di oggi riguardava l’ipotesi di un prolungamento dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona, che ritarda oltre il 29 marzo il termine di uscita del Regno Unito dall’Unione europea.

    La mozione del governo chiedeva un rinvio della Brexit fino al 30 giugno se l’accordo negoziato tra May e Unione europea, giù bocciato il 15 gennaio e il 12 marzo, dovesse essere approvato entro il 20 marzo. Nel caso in cui l’accordo non verrà approvato, sarà necessario un rinvio più lungo della Brexit, e che potenzialmente apre allo scenario di una marcia indietro definitiva sull’uscita dall’Ue.

    L’ipotesi della proroga oltre il 29 marzo era fortemente osteggiata da Theresa May, che secondo lei apre le porte a una messa in discussione totale della stessa uscita del Regno Unito dalla Ue.

    La premier, non paga delle due sonore bocciature del suo accordo, cerca un’approvazione in extremis prima del consiglio europeo. La sua mozione prevede che l’accordo venga posto al voto per la terza volta, mercoledì 20 marzo. Se quel giorno l’accordo sarà approvato, allora Londra chiederà una proroga fino al 30 giugno.

    La premier cerca di fare leva sul timore che non votare il suo accordo significa aprire le porte a una marcia indietro definitiva del divorzio tra Londra e Bruxelles. Il suo accordo significa un male minore rispetto all’eventualità che Brexit possa saltare del tutto.

    Se però il 20 marzo l’accordo verrà bocciato per la terza volta, allora la proroga andrà molto oltre il mese di giugno 2019.

    La richiesta della proroga dovrà comunque essere approvata anche dal Consiglio europeo che si riunisce il prossimo 21 marzo a Bruxelles.

    “Durante le mie consultazioni prima del Consiglio europeo, chiederò ai 27 leader dell’Ue di essere aperti per un’estensione lunga se il Regno Unito troverà necessario ripensare la propria strategia sulla Brexit e per costruire il consenso attorno a questa”, ha detto il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk.

    Nella giornata di oggi la Camera dei Comuni britannica ha bocciato l’emendamento che introduceva l’ipotesi di tenere un secondo referendum sulla Brexit. I parlamentari hanno bocciato, con 334 voti contrari e 85 favorevoli, l’emendamento presentato dalla ex Tory Sarah Wollaston. Il partito laburista non ha appoggiato l’emendamento.

    Se la Brexit sarà rinviata, il Regno Unito dovrà votare alle prossime elezioni europee?

    La questione della proroga porta con sé un risvolto spinoso: a maggio 2019 si terranno le elezioni per rinnovare il parlamento Ue. Il Regno Unito dovrà votare?

    “Per il tempo che il Regno Unito fa parte dell’Ue servono le elezioni”, ha detto il portavoce della Commissione europea Margaritis Schinas, richiamando la lettera dei presidenti dell’esecutivo comunitario Jean Claude Juncker, e del Consiglio europeo Donald Tusk di gennaio.

    Nonostante le ultime batoste incassate dalla premier May, la sua leadership non è al momento in discussione, almeno fino a dicembre 2019, dal momento che le regole del Partito Conservatore impediscono che qualcuno del suo partito possa sfidare la sua leadership, dopo che la premier ha vinto un voto di fiducia a dicembre scorso.

    Come siamo arrivati fin qui: le puntate precedenti

    Il 12 marzo i deputati di Westminster avevano bocciato il secondo accordo negoziato dalla premier Theresa May e l’Unione europea. L’accordo era molto simile a quello già bocciato dal parlamento il 15 gennaio 2019. I voti contrari all’accordo sono stati 391, contro i 242 a favore. Si è trattata di una vera e propria disfatta per la premier May.

    Quello negoziato dalla premier Theresa May e il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker, era un accordo last minute sul backstop, la spinosa questione del confine tra Irlanda del Nord e Repubblica di Irlanda. Le modifiche rispetto al primo accordo, già bocciato a gennaio, sono state giudicate non sufficienti dagli oppositori di May.

    Il giorno successivo, il 13 marzo, Westminster è stato chiamato a votare sull’eventualità che il Regno Unito potesse uscire dall’Ue senza nessun accordo, la temuta ipotesi nota come No deal. Questa ipotesi di hard Brexit è stata però bocciata dalla maggioranza dei deputati della Camera dei Comuni.

    I voti a favore dell’emendamento che impediva al Regno Unito di lasciare l’Ue senza accordo sono stati 312, mentre i contrari 308. Westminster, pur con una risicata maggioranza, ha scelto che il futuro della Brexit deve necessariamente passare per un accordo. È questo il motiv

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