Il 13 marzo 2019 il Parlamento britannico ha bocciato l’ipotesi dell’uscita di Londra dall’Ue senza un accordo, approvando un emendamento che esclude l’ipotesi di un No deal.
I voti a favore dell’emendamento che impediva l’uscita senza accordo sono stati 321, mentre i contrari 278.
Il testo approvato era stato promosso sia deputati Tory moderati che dai laburisti ed evita che Londra possa lasciare l’Ue”senza un accordo di recesso e una cornice sulle relazioni future” ratificate.
I parlamentari si sono detti contrari allo scenario più temuto e che avrebbe portato il Regno Unito ad uscire dall’Ue senza un accordo, equiparando il paese ad un qualsiasi altro Stato terzo a Bruxelles.
Gli stessi membri del Partito conservatore non volevano arrivare ad un’uscita senza un accordo: una posizione condivisa da tutta l’opposizione.
Prima del voto la premier May aveva lasciato liberi di votare secondo coscienza gli esponenti del suo partito.
Il Governo di Londra in caso di No deal era comunque pronto a non introdurre dazi sulla maggior parte delle importazioni dall’estero.
“Se il Regno Unito vuole un’uscita ordinata l’accordo bocciato ieri dalla Camera dei Comuni è il solo trattato disponibile”, aveva affermato in mattinata Michel Barnier, capo-negoziatore dell’Unione europea sulla Brexit.
Barnier ha ripetuto che “la responsabilità prima per uscire dall’impasse in cui si trova questo negoziato appartiene al Regno Unito”. Il voto di ieri “prolunga e aggrava l’incertezza maggiore che è stata creata quasi tre anni fa dalla decisione sovrana che rispettiamo, anche se ci dispiace, di lasciare l’Ue”.
Il voto del 12 marzo ha messo in grave difficoltà il Governo May e le relazioni con l’Ue.
Il Parlamento ha bocciato l’accordo che la premier inglese aveva negoziato con Bruxelles e ha costretto la Camera dei Comuni a riunirsi nuovamente oggi, 13 marzo, per votare sull’uscita senza accordo.
In caso di bocciatura della cosiddetta Hard Brexit, il Parlamento inglese prevedeva già di riunirsi il 14 marzo per chiedere di rimandare l’entrata in vigore dell’articolo 50 del Trattato di Lisbona di 2 anni. Londra quindi chiederebbe di lasciare l’Ue nel 2021 e non alla fine di marzo 2019.
Se giovedì 14 marzo i parlamentari votassero a favore di quest’ultimo scenario, la premier May dovrebbe proporre all’Ue una proroga dei negoziati per l’uscita di Londra.
A quel punto, il Consiglio europeo dovrebbe decidere se accettare o meno la richiesta del Governo inglese il 21 marzo: in caso di risposta affermativa, Londra e Bruxelles ritornerebbero al tavolo dei negoziati per trovare un nuovo accordo.