Dopo la bocciatura dell’accordo con l’Ue da parte della Camera dei comuni, il 16 gennaio 2019 il governo della premier May deve affrontare il voto di sfiducia presentato dall’opposizione: si apre così l’ipotesi elezioni anticipate.
Se la sfiducia dovesse passare, la premier dovrebbe dimettersi secondo consuetudine: a quel punto un nuovo leader dovrebbe presentare la sua candidatura alla House of Commons, a cui spetta il compito di dare la fiducia o meno al nuovo governo.
Se l’esecutivo alternativo non riuscisse ad ottenere l’ok della Camera dei comuni entro 14 giorni si andrebbe a nuove elezioni.
Se la premier May dovesse invece superare la sfiducia del 16 gennaio, i laburisti potrebbero comunque proporre una nuova mozione contro il governo in qualsiasi momento.
L’ultima volta che un governo inglese è stato sconfitto da una mozione di sfiducia è stata nel 1979, quando il premier laburista Jim Callaghan ha ricevuto 311 voti contrari.
Nel caso in cui la premier May dovesse rimanere a capo dell’esecutivo avrebbe tre giorni di tempo per presentare un piano B alla Camera dei comuni.
Un’altra opzione dopo il No alla Brexit sarebbero state le dimissioni della premier, ma la May ha subito affermato che avrebbe proseguito il suo lavoro per portare il Regno Unito fuori dall’Unione.
La bocciatura – Il 15 gennaio 2019 il parlamento britannico ha bocciato l’accordo sulla Brexit, con 202 voti a favore e 432 voti contrari. A schierarsi contro l’accordo siglato nei mesi scorsi tra la premier May e i leader dell’Ue, sono stati i Tory più radicali, oltre che i labour più europeisti e la destra unionista nordirlandese del Dup. Tra gli oppositori anche i Lib-dem e Snp.
La May non è riuscita a convincere hard brexiteers a votare l’accordo, cercando di far loro capire che lo scenario del “No deal” sarebbe stato peggio di qualsiasi altro.
Nonostante la bocciatura, il 29 marzo il Regno Unito uscirà dall’Unione europea, anche se non si dovesse trovare alcun accordo.
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