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    Brexit, cosa succede adesso: gli scenari possibili per l’uscita del Regno Unito dall’Ue

    Credit: Afp
    Di Laura Melissari
    Pubblicato il 19 Feb. 2019 alle 07:00 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 20:01

    Il governo May sopravvive alla mozione di sfiducia e resta in carica. Il parlamento britannico ha bocciato la mozione di sfiducia con 306 voti a favore e 325 contro.

    La premier ha promesso di fare del suo meglio per trovare un accordo definitivo con Bruxelles, che soddisfi tutti.

    Ma cosa succederà da ora in poi?

    Quattro sono gli scenari possibili dopo il voto:

    • Chiedere a Bruxelles nuovi negoziati in extremis, entro il 29 marzo

    • Prolungamento del periodo di transizione

    • Hard Brexit, un’uscita senza accordo, come vorrebbe la maggioranza dei Tories, il partito della May

    • Nuovo referendum con la possibilità di una retro marcia sulla Brexit

    Come aveva già dichiarato prima ancora dell’esito del voto di sfiducia, la premier May si era detta pronta a rimanere alla guida del governo, per continuare a negoziare con Bruxelles, per trovare un accordo definitivo e accontentare la maggioranza parlamentare, che ieri ha bocciato l’accordo.

    May ha tempo fino al 29 marzo per portare a casa un nuovo accordo che metta d’accordo tutti: il suo stesso governo, l’Ue e il parlamento britannico. Questa opzione è la preferita della May.

    L’ipotesi di un nuovo referendum è stata scartata da Theresa May, che ha detto che a questa opzione sarebbe preferibile persino quella del No deal, comunque osteggiata dalla premier, e – ovviamente – dalle opposizioni.

    Intano Jeremy Corbyn ha detto che il suo partito potrebbe votare un accordo se questo prevederà un’unione doganale permanente.

    L’opzione che infine potrebbe rivelarsi quella più realizzabile è lo spostamento in avanti del periodo di transizione, che scade il 29 marzo. Le istituzioni europee potrebbero accettare di spostare a luglio il termine entro cui raggiungere un accordo. Il punto interrogativo di questo scenario è rappresentato dal fatto che a maggio ci sono le elezioni europee.

    Se l’uscita fosse posticipata di qualche mese, il Regno Unito dovrebbe partecipare alle elezioni europee, preparando una campagna elettorale in tutta fretta.

    Un secondo referendum è davvero possibile?

    La via più probabile per questo risultato è che il patto di Theresa May, non venendo approvato, faccia divenire realtà l’opzione del voto popolare. I parlamentari sia laburisti sia conservatori dovrebbero optare per un secondo referendum ritenendo insostenibili le altre opzioni, quella dell’uscita senza accordo o quella della rinegoziazione.

    Bisognerebbe quindi far passare l’emendamento che chiede il voto popolare, dove si domanderebbe di scegliere fra diverse opzioni. Già, ma quali? Uscire senza accordo, accettare l’accordo o, sogno proibito degli eurofili, rimanere nell’Ue rovesciando il risultato del referendum?

    Sarebbe il trionfo del movimento trasversale del People’s Vote, che è cresciuto nel tempo sino a portare in piazza oltre 700.000 persone a Londra. Un secondo referendum richiederebbe anche un’estensione significativa dell’articolo 50, sollevando dubbi sul fatto che il Regno Unito avrebbe dovuto partecipare alle elezioni europee del prossimo anno, con i suoi, ormai ex, 73 seggi nell’assemblea di Strasburgo.

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