Mancano ormai poche ore al momento in cui i cittadini britannici dovranno decidere se rimanere all’interno dell’Unione Europea o uscire. Giovedì 23 giugno si terrà infatti il referendum consultivo sulla cosiddetta Brexit. Ma se vincesse la Brexit come sarebbe regolata in concreto l’uscita del Regno Unito dall’Ue?
Secondo l’articolo 50 del trattato sull’Unione europea, uno stato membro può avviare unilateralmente la pratica di recessione dall’Unione. La decisione di avviare tale processo deve essere presa nel pieno rispetto delle singole Costituzioni nazionali.
Una volta che l’intenzione di uscire è stata comunicata al Consiglio europeo, hanno inizio le trattative fra l’Unione e il singolo paese riguardo alle modalità del “divorzio” e alle relazioni future fra le due parti (per esempio, il Regno Unito e l’Ue potrebbero decidere di discutere riguardo a nuovi accordi commerciali). Il Consiglio europeo, rappresentante dell’Unione, conclude il rapporto con una delibera a maggioranza, non senza aver ottenuto l’approvazione del Parlamento di Bruxelles.
Nel momento in cui si raggiunge l’accordo di recesso, il singolo paese cessa di essere sottoposto ai trattati europei. Lo stesso accade, anche se non si dovesse arrivare a un compromesso fra i negozianti, due anni dopo la notifica al Consiglio europeo, a meno che non venga concessa una proroga dalle autorità continentali.
Durante i due anni di trattative, il recedente in questione (dunque il Regno Unito, se il fronte del leave dovesse vincere nel referendum del 23 giugno) deve comunque sottostare alle regole dell’Unione ma rinuncia ad ogni potere decisionale all’interno di essa.
Secondo un documento rilasciato dal governo britannico, l’intera pratica di uscita richiederebbe molti anni e in caso di vittoria degli euroscettici, il paese si dovrebbe preparare a un “decennio di incertezze”.
Se lo stato mai decidesse di rientrare nell’Unione, si troverebbe costretto a seguire un processo di adesione uguale a quello dei nuovi membri. Brexit, come David Cameron ha tenuto a sottolineare più volte nell’incitare a votare remain, è quindi irreversibile.
L’articolo 50 è comparso per la prima volta nella versione del trattato dell’UE siglato a Lisbona nel 2007, ed entrato in vigore il 1 dicembre 2009. Prima di allora, un membro non poteva lasciare l’Unione a meno che entrambe le parti riconoscessero il diritto informale di uscita o che le circostanze in cui il trattato era stato negoziato fossero cambiate così drasticamente da trasformare gli obblighi dei firmatari.
Il referendum indetto dal Regno Unito il 23 giugno segnerà la prima volta che un membro dell’Unione si appella all’articolo 50.
Prima della sua ratificazione e della nascita dell’Ue nel 1992 a Maastricht, alcuni stati e territori avevano tentato, invano o con successo, di lasciare l’allora Comunità economica europea. Il Regno Unito indisse un referendum nel 1975, ma fu il fronte remain a trionfare. I cittadini della Groenlandia, che fa parte della Danimarca ma gode di una certa autonomia, nel 1985 hanno invece effettivamente votato per l’abbandono della Cee.
Leggi l'articolo originale su TPI.it