Brexit candidati conservatori posizione | Boris Johnson | Rory Stewart
Brexit candidati conservatori posizione | Mesi di incertezza, caos e confusione nel Regno Unito. Il rinvio della Brexit prima, le dimissioni di Theresa May dopo, i risultati disastrosi per i partiti tradizionali alle Europee più tardi. L’impasse regna sovrana, mentre si fanno i conti con un futuro di incertezza.
I cittadini, quando ne hanno avuto l’opportunità a maggio, hanno detto chiaramente che i tira e molla e le posizioni ambigue non stanno loro bene. È per questo che hanno premiato il Brexit party, la neonata formazione di Nigel Farage, nata per dare un input al processo di uscita del Regno Unito dall’Unione europea, come chiesto di cittadini nel referendum di giugno 2016.
Theresa May, che a novembre scorso aveva negoziato un accordo di uscita dalla Ue, ha visto il suo piano bocciato dal parlamento per ben tre volte. L’ultima mossa che le rimaneva erano le dimissioni da leader dei Conservatori, che sono diventate effettive lo scorso 7 giugno 2019, e che porteranno nei prossimi mesi alle dimissioni da premier.
E in questo caos aleggia il fantasma del no deal, l’uscita del Regno Unito dalla Ue senza un accordo.
Brexit candidati conservatori posizione | Il processo per la scelta del nuovo leader dei Conservatori
Sono rimasti in cinque gli sfidanti, dai 10 iniziali, al ruolo di leader del partito Tory. Il successore di Theresa May sarà noto il 22 luglio, quando finirà il lungo processo interno al partito, che abbiamo spiegato qui nel dettaglio.
La corsa vede l’eliminazione successiva dei contendenti, fino a che non ne rimangono solo 2, che si saranno votati anche dalla base del partito e non solo dai parlamentari Tory.
A condurre la sfida è Boris Johnson, con oltre 120 voti. I rivali sono Jeremy Hunt (46), Michael Gove (41), Sajid Javid (33) e Rory Stewart (37).
Anche se il vento sembra essere favorevole a Boris Johnson, gli ostacoli sono ancora tanti.
Il nodo centrale che i candidati devono definire, evidenziando la loro posizione senza ambiguità, è quella della Brexit.
Brexit candidati conservatori posizione | A che punto è la Brexit?
Le ultime dichiarazioni di Boris Johnson, candidato favorito alla leadership dei Tories, sono molto perentorie. Il 31 ottobre si esce dalla Ue, costi quel che costi. Nell’ultimo dibattito organizzato dalla Bbc con i 4 avversari, l’ex sindaco di Londra ha avanzato l’idea che potesse essere rinegoziato l’accordo di Theresa May, per bypassare la discussione sulla spinosa questione del confine irlandese. L’Ue però ha già fatto sapere più volte che non ha alcuna intenzione di rinegoziare nulla. L’accordo c’è e non si tocca.
Se il parlamento britannico non lo approverà, per la quarta volta, allora l’unica ipotesi è l’uscita senza accordo. Appare dunque improbabile che entro il 31 ottobre si riesca a trovare una terza via tra l’accordo di May e il No deal.
“Il popolo britannico è stufo di questa impasse”, ha sottolineato l’ex ministro degli Esteri Jonhson e “i conservatori pagheranno un prezzo molto alto se continuerà”.
Michale Gove e Jeremy Hunt, due dei cinque candidati conservatori in corsa, si sono detti aperti a posticipare la scadenza per cercare un accordo. Anche questa ipotesi non sembra così fattibile, visto che la Brexit è stata rimandata più volte, e non è chiaro come, se per 3 anni non è stata trovata alcuna soluzione, possa essere sbloccata la situazione.
Hunt ha definito il no-deal “l’ultima spiaggia”. L’altro candidato Sajid Javid ha parlato di “scadenza utile a concentrarsi”, mentre l’unico che si è detto in favore solo di una Brexit concordata è stato Rory Stewart, quello appoggiato dai media britannici.
Il no deal e la questione del backstop irlandese
Lo scenario del No deal, secondo gli analisti, avrà pesanti ripercussioni sull’economia del paese, ma anche sul resto d’Europa, Irlanda in primis.
La questione del backstop per quanto riguarda la frontiera tra Regno Unito e Irlanda è sempre stata una delle più spinose, che hanno di fatto avviato l’ompasse che non accenna tutt’ora a risolversi.
Il backstop è una clausola di salvaguardia, che prevede che in attesa di una risoluzione definitiva, non venga comunque creata una frontiera fisica tra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord.
In questo modo però rimarrebbe in piedi l’unione doganale tra Regno Unito e Unione europea.
La clausola quindi impedisce che ci siano imposti dei controlli sui beni che attraversano il confine tra nord e sud e che sia eretta una barriera fisica tra le due parti.
L’opzione del backstop, nata per evitare l’aumento della tensione tra i due territori, teatro di scontri e violenze in un passato non troppo remoto, è fortemente osteggiata dai falchi Tories e dal Dup nordirlandese: l’accordo metterebbe repentaglio l’integrità del Regno Unito, dato che una sua parte rimarrebbe di fatto all’interno dell’Unione europea.
D’altra parte, la possibile reintroduzione di un confine fisico tra Irlanda del Nord e Repubblica d’Irlanda è uno scenario che l’Ue vuole evitare perché teme che possa portare a nuove tensioni etnico-religiose tra i due territori.
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