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    Brexit, la Camera dei comuni approva il Repeal Bill

    Credit: Reuters
    Di Andrea Lanzetta
    Pubblicato il 12 Set. 2017 alle 09:24 Aggiornato il 10 Set. 2019 alle 21:52

    Il 12 settembre è stato approvato alla Camera dei comuni il testo di legge che intende “trasformare” le norme di diritto comunitario in leggi britanniche. Ora il documento dovrà superare altri passaggi dell’iter parlamentare.

    Se approvato, il Repeal Bill permetterà di risolvere questioni di carattere legislativo durante l’uscita del Regno dall’Unione europea.

    Una volta avviata la Brexit, con la lettera inviata da Theresa May al presidente del Consiglio Europeo  Donald Tusk, il governo di Londra aveva pubblicato i dettagli del proprio progetto di legge, denominato “Great Repeal Bill”, (letteralmente “grande legge abrogatrice”).

    Questa proposta, considerata dalla prima ministra britannica un “passo essenziale” per lasciare l’Ue, mira a garantire l’estromissione del diritto comunitario dal sistema britannico. Allo stesso tempo, cerca di impedire un vuoto normativo in materie mai regolate dal parlamento del Regno Unito negli ultimi 40 anni, perché già disciplinate da leggi europee.

    Come funziona il Repeal Bill

    Il Repeal Bill si propone innanzitutto di abrogare lo European Communities Act del 1972, con cui il Regno Unito era entrata a far parte delle comunità europee. L’Act prevede la precedenza della legislazione europea nelle materie di competenza dell’Unione sulle norme britanniche.

    Questo disegno di legge influirà, una volta approvato, anche sulla giurisdizione della Corte di Giustizia europea nel Regno Unito. Tutta la legislazione comunitaria, una volta che Londra sarà uscita dall’Unione, entrerà automaticamente a far parte del codice delle leggi britanniche.

    L’obiettivo di Downing Street è quello di evitare un “buco nero” all’interno dello Statute book, che raccoglie tutte le norme in vigore nel Regno Unito. Quando quest’ultime saranno “diventate” britanniche, il parlamento di Westminster potrà modificarle o abrogarle a piacere.

    Il Repeat Bill è un passo avanti verso la Brexit, ma è anche destinato ad aiutare i negoziati commerciali in corso con Bruxelles. Permetterà a Londra di mantenere una parziale continuità con il diritto in vigore nel resto d’Europa, favorendo le imprese che operano su entrambe le rive della Manica.

    Questo testo dovrà comunque essere approvato prima dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, prevista per il marzo 2019 ed entrare in vigore subito dopo.

    Nel frattempo, tutte le norme approvate dal Parlamento europeo e dal Consiglio saranno applicate anche in territorio britannico, mentre le direttive della Commissione europea non saranno più recepite, ma saranno presentate ai Comuni come disegni di legge.

    I problemi

    Questa legge è probabilmente uno dei più grandi progetti legislativi mai intrapresi nel Regno Unito, perchè comporta una revisione completa dello Statute book e l’esame di tutte le 12mila norme coinvolte.

    È una questione molto complessa: il recepimento della normativa comunitaria da parte del parlamento britannico ha dato vita a una serie di rimandi a leggi e regolamenti precedenti che si trovano in diversi testi di legge.

    “La semplice trasformazione di tutta la legislazione comunitaria in norme nazionali non sarà sufficiente”, si legge nel Libro bianco pubblicato dal governo britannico sul disegno di legge.

    Le norme inserite nello statuto britannico non funzioneranno più una volta che la Brexit sarà avvenuta, perché in quel momento tutte le istituzioni europee citate da queste norme non avranno più potere in territorio britannico.

    La proposta del governo dunque non risolverà tutte le questioni sul tavolo, per cui il Repeal bill intende attribuire al governo poteri correttivi speciali dello statuto, senza passare ogni volta per un voto del parlamento.

    Questa è una delle proposte più contestate dalle opposizioni. I laburisti pensano che questo disegno di legge intende dare al governo poteri che spettano solo al parlamento o alle amministrazioni locali, create con la devolution dall’esecutivo Blair alla fine degli anni Novanta.

    Anche il Partito liberal democratico si oppone a queste misure. “Il governo sta giocando con il fuoco”, ha detto Tim Farron, parlamentare lib-dem e fino al luglio 2017 leader del partito.

    I precedenti storici

    Theresa May intende correggere lo Statute book adottando quelli che sono conosciuti come i poteri di Enrico VIII, il re inglese che fondò la Chiesa anglicana realizzando lo scisma con la Chiesa cattolica di Roma.

    Questi poteri sono contenuti nello Statuto delle proclamazioni del 1539, che concesse al sovrano del XVI secolo di legiferare per decreto, obbligando tutti i cittadini a obbedire a queste misure come se fossero atti emessi dal parlamento.

    Dato che questo potere non prevede un controllo parlamentare sugli atti del governo, i partiti di opposizione hanno contestato anche questa misura. Il governo May ha cercato però di rassicurare i colleghi parlamentari sostenendo che questi provvedimenti avranno una durata limitata nel tempo e non saranno utilizzati dai conservatori per modificare lo spirito delle politiche contenute nei testi di legge da convertire.

    Il timore delle associazioni sindacali è che il governo conservatore voglia servirsi di questi poteri per limitare i diritti conquistati dai lavoratori negli ultimi anni e protetti dalla legislazione europea.

    In totale Downing Street stima tra le 800 e le 1.000 misure da adottare senza un passaggio parlamentare per riuscire a portare a termine la conversione delle leggi comunitarie nello statuto britannico.

    Le leggi europee in vigore nel Regno Unito

    Il Libro bianco afferma che non esistono cifre certe, ma stima che siano in vigore almeno 12mila regolamenti europei nel Regno Unito. La Camera dei Comuni ha poi approvato almeno 7.900 leggi che recepiscono la legislazione comunitaria e 186 atti che incorporano norme provenienti da Bruxelles.

    Si chiama Acquis comunitario, invece, l’insieme dei diritti, degli obblighi giuridici e degli obiettivi politici che accomunano e vincolano gli stati membri dell’Unione e che devono essere accolti senza riserve dai paesi che ne fanno parte, risalente al 1958.

    Il numero di queste norme è pari a oltre 80mila, che coprono diverse tematiche, dai diritti dei lavoratori, all’ambiente e al commercio internazionale. In più, questo include trattati, direttive e sentenze della Corte di giustizia europea.

    Cosa accadrà

    Il governo ha confermato che dopo la Brexit il Regno Unito ritirerà la propria partecipazione alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e che l’accordo europeo sui diritti dell’essere umano non sarà convertito in legge.

    Secondo Downing Street, la carta era “solo un elemento dell’architettura legale a protezione dei diritti umani nel Regno Unito” e che non ha intenzione di uscire dalla Convenzione europea sui diritti dell’essere umano, un accordo separato che non ha nulla a che vedere con la partecipazione all’Unione europea.

    Le sentenze della Corte di Giustizia europea, invece, avranno la stessa valenza di quelle emessa dalla Corte suprema britannica e potranno così essere superate o modificate con una decisione degli stessi giudici di Londra.

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