Brexit, Boris Johnson ha chiuso il parlamento perché non vuole pagare la Ue
“Se usciamo dalla Ue senza un accordo, è sicuramente vero che i 39 miliardi non sarebbero, strettamente parlando, più dovuti”. Questa è la tesi sostenuta dal premier britannico Boris Johnson, che ieri ha ottenuto la sospensione del Parlamento britannico fino a metà ottobre, provocando l’insurrezione delle opposizioni. Il primo ministro britannico non vuole quindi pagare all’Ue il “conto del divorzio” per la Brexit.
Con la sua mossa nei confronti della Camera dei Comuni, Johnson di fatto impone una Brexit senza un accordo, perché ridurrebbe il tempo necessario a discutere dell’uscita del Regno Unito dalla Ue. In questo modo, spera di non dover pagare i soldi che il Regno Unito sarebbe tenuto a pagare.
Il primo ministro britannico, ufficialmente, ha negato che quella del governo sia una mossa per impedire un dibattito sulla Brexit.
“È falso, stiamo presentando nuove leggi su crimine, ospedali, istruzione”, ha detto. “Ci sarà tutto il tempo dopo il vertice Ue del 17 ottobre per dibattere la Brexit”.
Tuttavia, la frase da lui pronunciata il 25 agosto in un’intervista alla tv britannica Itv News lascia pensare il contrario.
Brexit | Cos’è il debito che Boris Johnson non vuole pagare all’Ue
I soldi di cui parla Johnson solo il conto del cosiddetto “divorzio” dall’Ue.
“Si tratta di una stima, espressa in sterline, degli impegni economici che il Regno Unito ha assunto nei confronti della Ue e che dovrebbe onorare anche dopo la Brexit”, spiega l’agenzia Agi.
La cifra aggiornata all’ultimo rinvio del termine per la Brexit (al 31 ottobre 2019) ammonta in realtà a 33 miliardi di sterline (circa 36,4 miliardi di euro) e corrisponde agli impegni che Londra si era assunta nei confronti dall’Ue quando è stato approvato il bilancio comunitario per il periodo 2014-2020.
La questione se Londra debba o meno pagare questa cifra in caso di uscita senza accordo ha un fondamento giuridico incerto ed è stata analizzata dal sito britannico FullFact.
Tendenzialmente, però, il Regno Unito dovrebbe onorare gli impegni finanziari anche in caso di no deal, almeno secondo quanto stabilito dalla Commissione europea, che si è espressa in proposito il 30 gennaio scorso.
Nel caso in cui Londra si rifiuti di pagare, quindi, rischierebbe un procedimento dinanzi alla Corte di Giustizia Ue o, nell’eventualità in cui manchi un accordo anche su questo, dinanzi alla Corte dell’Aja, come ha spiegato all’Agi Fabio Colasanti, che tra il 1996 e il 1999 è stato direttore del dipartimento “Budget” della Commissione Ue.
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