Uno studio di ricercatori brasiliani, pubblicato recentemente sul giornale Lancet, analizza i casi riportati del virus Zika in Brasile, che a febbraio 2016 ammontavano a 1.501.
Lo Zika viene trasmesso alle future madri dalla zanzara della febbre gialla, il cui nome scientifico è Aedes aegypti. Nella maggior parte dei casi l’infezione è lieve e né le madri né i neonati manifestano alcun sintomo. Tuttavia, a causa dei danni cerebrali che può causare nei neonati, è stato definito come un’emergenza per la salute pubblica globale dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Uno degli aspetti più preoccupanti nell’epidemia del virus Zika, almeno fino ad adesso, era la microcefalia. I risultati di questo ultimo studio dimostrano invece che il virus danneggia anche il cervello di bambini con teste dalle dimensioni apparentemente normali.
In particolare, un bambino su cinque tra quelli che fanno parte dello studio e senza segni di microcefalia manifestava anormalità cerebrali. Questo avviene perché una donna incinta può essere infettata dal virus dopo le 30 settimane di gestazione, quando ormai il processo di crescita della testa è terminato.
I casi di microcefalia hanno raggiunto i numeri massimi alla fine del 2015, mentre l’epidemia del virus aveva toccato il picco circa 6-9 mesi prima nel nord-est del Brasile. Si pensa perciò che alla nuova ondata di Zika nel sud-ovest del paese, avvenuta all’inizio del 2016, possa seguire una seconda esplosione di casi di microcefalia verso la fine dell’anno.
Il principale sintomo della Zika è un’eruzione cutanea evidente nelle donne incinte. Questa è presente in circa due terzi delle madri infette dal virus, secondo questo ultimo studio. Quando scoppia nella fase tarda della gravidanza, si hanno maggiori probabilità di avere un bambino senza microcefalia.
Secondo Cesar Victora, professore e ricercatore dell’Università Federale de Pelotas, è riduttivo limitarsi a tenere sotto controllo i casi di microcefalia o di eruzione cutanea nella madri, ma sarebbe meglio condurre “un esame di tutti i neonati durante i periodi di epidemia”. Solo in questo modo diventerebbe possibile individuare tutti i casi di danni neurologici.
Il professore Jimmy Whitworth della Scuola di Igiene e Medicina Tropicale di Londra esprime la sua preoccupazione alla luce delle ultimi analisi sullo Zika. “La microcefalia è la punta dell’iceberg e il rischio potrebbe estendersi più a lungo sia nella gravidanza che nella nascita”. Crea ansia soprattutto l’assenza di un test che determini con certezza se una donna incinta sia stata colpita dal virus.
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